Per dieci anni alcuni immobili dell’università di Catania potrebbero essere gestiti, insieme, dall’ateneo e da un’associazione culturale. È questo il cuore dell’avviso che è stato pubblicato a metà giugno sul sito di Unict e che, con scadenza fissata il 28 luglio, dovrebbe imprimere un cambio di passo nella fruizione del patrimonio accademico catanese. Una possibilità offerta dal nuovo codice degli appalti (quello approvato nel 2016) che per i beni culturali immagina di coniugare «ricerca scientifica» e «tutela». La norma – chiarita a giugno 2016 in una nota del ministero per i Beni e le attività culturali – di per sé può essere semplificata così: io (soggetto pubblico) ho a disposizione un bene culturale che devo valorizzare e rendere fruibile, tu (privato) proponi a me un modo per gestirlo e tenerlo aperto al pubblico. Se per me (soggetto pubblico) si tratta di una proposta interessante, che per me non ha costi e che per te (privato) può diventare economicamente remunerativa, io la rendo pubblica e chiedo a chi volesse di formularne altre. Poi decido.
Ed è in questa situazione che si trova adesso il Rettorato di piazza Università. Con una proposta di partenariato pubblico-privato (è così che si chiama) arrivata dall’associazione Officine culturali. La stessa che nel 2010 ha sottoscritto una convenzione con l’ateneo catanese per la fruizione dell’ex Monastero dei Benedettini. Il nuovo progetto è un «esperimento», come lo definiscono i soci dell’associazione in una nota appena pubblicata sul loro sito, che «potrebbe costituire un banco di prova per altre esperienze, in un territorio che vede diversi tentativi di collaborazione tra enti pubblici e soggetti privati proprio sul fronte della pubblica fruizione del patrimonio pubblico, della partecipazione e del coinvolgimento attivo dei cittadini».
Più nel dettaglio, l’avviso aperto dell’ateneo parla di «valorizzazione del patrimonio culturale dell’università di Catania» e contiene le regole di ingaggio per le associazioni culturali – oltre a Officine – che volessero offrire qualcosa a Unict. Nel rispetto, si legge, «dei principi di non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza». «Individuate le proposte di interesse per l’amministrazione, verrà costituito un tavolo tecnico con la partecipazione anche del Mibact, tramite i competenti servizi territoriali», continua l’avviso, aggiungendo la presenza, al tavolo, anche degli esperti della Regione, almeno per quanto riguarda la valorizzazione dell’Orto botanico. «Detto tavolo – continua Unict – proporrà attività integrative con i relativi accordi che dovranno essere approvati, in relazione alla natura dei contenuti e alla tipologia delle attività, dai competenti organi delle parti che compongono il tavolo medesimo».
A partecipare potranno essere tutte le associazioni culturali o di volontariato che per statuto parlino di accessibilità del patrimonio culturale e che abbiano fatturato, tra il 2015 e il 2017, almeno 300mila euro dovuti all’avere lavorato non soltanto con enti pubblici ma anche con società private. Nella proposta di Officine culturali, che è la prima arrivata all’ateneo di Catania e uno dei primi casi in Italia, si parla sia di continuare l’esperienza all’ex Monastero dei Benedettini e all’Orto botanico, sia di aggiungere ulteriori attività. Senza costi a carico di Unict né canoni di concessione per Officine culturali. Si citano l’«attivazione della gestione degli altri poli museali di ateneo, tenendo conto sia della specificità dei siti sia delle esigenze di efficientamento e sostenibilità», oltre che «la verifica di fattibiltà e sostenibilità di un progetto di gestione della Città della scienza», affinché quest’ultima possa «operare in maniera stabile, sostenibile e convincente sia scientificamente che culturalmente». Una offerta, quella di Officine, che dovrà fare i conti con le eventuali altre offerte che potrebbero arrivare a Palazzo centrale e che l’università dovrà valutare. Per poi, con tutte le carte sul tavolo, scegliere.
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