Federica, siracusana d’origine, si è laureata in Lingue a novembre e da allora è alla ricerca di uno stage post-laurea in attesa di trovare un’occasione per trasferirsi all’estero. Una storia comune a tante altre, che la vede scontrarsi contro chi conta di sfruttare lavoratori a costo zero e un ente – l’Università di Catania – che sembra non conoscere la giungla fuori dalle porte delle aule dei dipartimenti. Scelta l’azienda nella quale svolgere l’esperienza lavorativa, un hotel di Siracusa, arrivano le condizioni poste dall’Ateneo: la durata minima è di tre mesi. Ma dall’albergo, dopo un iniziale tentennamento, sono chiari: non è garantito alcun rimborso. «Anzi! Avrei dovuto comprare anche la divisa», spiega la giovane. «Non chiedevo molto, solo un minimo per la benzina e il pranzo», puntualizza.
Tre mesi sono un periodo troppo lungo durante il quale l’ex studentessa avrebbe dovuto lavorare praticamente gratis per cinque-sei ore al giorno, compreso il sabato. Alla notizia le responsabili dell’ufficio Placement si mostrano stupefatte: «Ma come, non pagano?», chiedono. Ed è proprio la reazione «teatrale» delle responsabili che lascia ancora più stupita Federica. «Non sanno cosa accade là fuori?», si chiede. «Il problema è sempre stato rappresentato dall’Università – denuncia la ragazza – Paga solo l’assicurazione sanitaria, rendendo legale una cosa illegale. Lo sfruttamento di forza-lavoro». Il suo sfogo è stato pubblicato online da Luciano Granozzi, docente del dipartimento di Studi umanistici che avrebbe dovuto farle da tutor nell’esperienza, e ha scatenato un dibattito proprio sulle responsabilità dell’Università. «L’Ateneo – sostiene la giovane – deve mettersi in mezzo, tutelare i suoi studenti e gli ex studenti, come nel mio caso, controllare e verificare».
Le responsabili del Centro le hanno consigliato di rivolgersi ad un’altra azienda dove svolgere l’attività, ma le uniche due siracusane del settore relativo al suo percorso di studi non le hanno mai risposto. «Adesso metterò da parte l’idea di uno stage», confessa Federica. Meglio cercare un impiego temporaneo per mettere da parte l’indispensabile per poter cercare un posto di lavoro fuori dai confini. Un posto dove possano essere garantite le condizioni minime per un lavoro dignitoso.
[Foto di andjohan]
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