Unict, contratti di mezz’ora al giorno I lavoratori: «Così non si campa»

Mezz’ora di lavoro al giorno per cinque giorni la settimana. Sembra uno scherzo, ma invece è realtà. Succede all’Università di Catania, dove la politica dei tagli continua a mietere vittime, anche tra i servizi di base. A farne le spese questa volta sono i 59 dipendenti della ditta che si occupa della pulizia di uffici e sedi delle facoltà, che si sono ritrovati a dover firmare contratti per 30, 40 o 60 minuti di lavoro giornaliero. A raccontarcelo è una dipendente che preferisce rimanere anonima. Non perché abbia paura, ci tiene a precisare, ma solo perché – dopo tante promesse non mantenute – si dice stanca di lottare per ottenere quello dovrebbe essere un suo diritto: il lavoro.

Tutto comincia quando l’ateneo catanese, tramite un bando di gara, affida la gestione triennale del servizio di pulizia ad una nuova ditta che si aggiudica l’appalto al ribasso. L’importo complessivo del nuovo bando, pubblicato nel 2010, infatti, ammonta a 1.818.600,00 euro, a dispetto dei 2.470.000,00 stanziati per l’affidamento dello stesso servizio nel 2006. A vincere la gestione – con criterio di aggiudicazione al «prezzo più basso» – è la Mts di Messina che assorbe i dipendenti dell’impresa precedente, la provinciale Puligenica – più nota come Pfe -, ma cambia le condizioni contrattuali. Riducendo quasi a tutti il monte ore di servizio quotidiano a una sola ora, rispetto alle sei, quattro o tre precedenti. «Alcuni, sopratutto negli uffici di Palazzo Centrale, sede del Rettorato, lavorano ancora due o tre ore – racconta la dipendente – ma sono in pochi. Quasi tutti abbiamo firmato per un’ora, altri addirittura per meno». Quindi, se al Rettorato e in alcuni uffici dell’amministrazione le pulizie vengono garantite per tre ore, la situazione cambia nella maggior parte degli altri siti affidati alla Mts, tra cui anche le sedi della facoltà di Scienze Politiche o quelle del dipartimento di Farmacia, dove, secondo il racconto della dipendente, si lavora soltanto per un’ora al giorno.

La nuova ditta ha preso servizio poco meno di un mese fa e, da questa data, gli addetti alla pulizia si ritrovano a dover svolgere tutto il carico di lavoro che avevano prima, ma in un terzo del tempo. Situazione, questa, nota fin dall’inizio all’Università. Infatti, secondo quanto si legge nel bando, la ditta appaltatrice è tenuta a specificare in sede di domanda anche il «monte ore annuale previsto per ogni addetto a ciascuna struttura». A risentire di questa drastica riduzione del servizio – lamenta la signora – sarebbero gli stessi studenti e docenti perché non può più essere garantito lo stesso livello di pulizia dei locali precedente. Ancor più pesanti le immediate conseguenze economiche a carico dei  lavoratori. Gli inservienti assunti dalla Mts, infatti, hanno mantenuto la stessa paga oraria che ricevevano dalla Pfe, 6,89 euro. Con i nuovi orari, però, chi lavora mezz’ora al giorno non guadagna nemmeno un centinaio di euro al mese.

La dipendente che abbiamo incontrato, nonostante le difficoltà, riesce a tirare avanti grazie al lavoro del marito. Ma per alcuni colleghi questo impiego è l’unica fonte di reddito in famiglia. «Non si campa – dice -. Alcune colleghe sono separate o non hanno altre entrate perché i mariti sono disoccupati. Le spese fisse sono tante e non sanno dove sbattere la testa». La situazione, per loro, è disperata: «Per arrotondare, stiamo ad aspettare che ci sia bisogno di una sostituzione o che ci chiamino per lavorare un’ora in più» denuncia.

I lavoratori fanno sapere che nel corso di un incontro con alcuni sindacati, la ditta ha fatto spallucce. Infatti, in base agli accordi economici stabiliti con l’università, per assorbire tutti i dipendenti ha dovuto diminuire le ore di lavoro. Ma ha fatto sapere loro di aspettare qualche mese: pare infatti che più avanti potrebbero esserci i margini per un incremento delle ore lavorative. Ad oggi, però, questa possibilità resta solo in forse. Un’incertezza che frena le proteste. «Adesso non possiamo fare nulla: il nostro contratto parla chiaro – spiega rassegnata la dipendente -. Abbiamo firmato nella speranza che la situazione cambi. E’ sempre meglio che restare senza lavoro». Una situazione «umiliante», per chi offre un servizio indispensabile. «Se non ci siamo noi che puliamo i gabinetti come si fa? – si sfoga la lavoratrice – Siamo trattati come l’ultima ruota del carro. Ma quando si ritroveranno in mezzo alla sporcizia, si renderanno conto di quanto il nostro lavoro sia importante. E chi ha peso decisionale comincerà a protestare. Forse allora si smuoverà qualcosa».

 

[Foto di oRi0n]

Perla Maria Gubernale

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