Unict, concorso sospetto a Ragusa Il caso approda in Parlamento

Il caso del concorso sospetto alla Facoltà di Lingue di Ragusa dell’Università di Catania supera i confini locali e approda in Parlamento. A chiedere spiegazioni, attraverso un’interrogazione parlamentare alla Camera rivolta al ministro dell’Istruzione e dell’Università Profumo, è stato lo scorso 8 maggio il deputato del Pd Paolo Corsini, che invoca l’attivazione di «procedure ispettive in modo da riportare fiducia nelle istituzioni universitarie».

Si tratta, lo ricordiamo, di un concorso per un contratto da ricercatore in Storia Contemporanea della durata di tre anni, prorogabili per altri due. Tra i 14 candidati, la commissione nominata dal rettore dell’ateneo catanese, Antonino Recca, il 20 dicembre dichiara vincitrice Melania Nucifora, con il punteggio di 89,3 punti. Circa un mese dopo, il secondo classificato (col punteggio di 86,45 punti), Giambattista Scirè, ricorre al Tar, contestando «la congruità dei titoli della vincitrice rispetto al settore disciplinare oggetto del bando». La Nucifora, infatti, viene considerata la più idonea per l’attività di ricerca e didattica in Storia Contemporanea, oggetto del concorso, nonostante sia in possesso di una laurea in Architettura. Mentre Scirè, pur con in tasca un dottorato in Studi Storici sull’età moderna e contemporanea, si piazza al secondo posto e ricorre al tribunale amministrativo.

Il Tar accoglie la richiesta di Scirè e invita la commissione a riesaminare i titoli di studio. Ma il verdetto non cambia. La commissione, riunitasi il 4 aprile alla facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza di Roma, conferma l’esito del concorso, difendendo la congruità dei titoli della vincitrice. Una decisione contro la quale, si limita a dire Scirè, «ricorrerò in tutte le sedi opportune, per fare giustizia e ottenere il posto che mi spetta».

Ma, in attesa del nuovo parere del Tar ed eventualmente di quello del Consiglio di Stato, questa storia rischia di assumere valenza nazionale. Nella lunga interrogazione parlamentare il deputato Corsini ripercorre le tappe della vicenda. Ricorda che, in sede di valutazione preliminare dei candidati, la commissione attribuiva fino ad un massimo di 30 punti per la valutazione dei titoli e fino ad un massimo di 70 punti per le pubblicazioni e che «costituivano titoli preferenziali il dottorato di ricerca e le attività svolte in qualità di assegnisti di ricerca». Tuttavia, al momento di stabilire i criteri specifici, la commissione «abbassava a 4 punti (anziché 7 come nelle altre commissioni) il punteggio massimo attribuito al titolo di dottore di ricerca», mentre «aumentava a 20 punti (anziché 10 punti) il punteggio per ciascuna monografia». Criteri che risulteranno decisivi nella decisione finale. Il secondo classificato, Scirè, otterrà infatti 110 punti sulle pubblicazioni, essendo autore di quattro monografie pubblicate da case editrici quali Carocci e Bruno Mondadori. Ma, visto il tetto massimo di 70 punti stabilito dalla commissione, gli verranno sottratti 40 punti. Mentre la vincitrice, presentando due monografie, si fermerà a 63 punti. Se il punteggio assegnato alle singole monografie fosse rimasto, come stabilito da altre commissioni, di 10 punti, le distanze tra i due candidati sarebbero state ben più rilevanti.

E ancora – si chiede Corsini – perché, nella valutazione dei titoli, assegnare sempre a Scirè 3 punti su 4 per il dottorato e poi, «in palese contraddizione con ciò» sottolinea Corsini, attribuire 10 punti su 10 alla tesi di dottorato al momento di valutare le pubblicazioni?

La lista di elementi di anomalia nel concorso è lunga. Oltre all’incongruità dei titoli della vincitrice, il deputato del Pd si sofferma su due saggi presentati dalla Nucifora tra le pubblicazioni, che risultano «contenuti rispettivamente in due volumi curati dal presidente stesso della commissione giudicatrice, Neri Serneri». Inoltre la commissione sembra apprezzare più i convegni a cui ha partecipato Nucifora (punteggio assegnato 4,8 su 5) che quelli frequentati da Scirè (punteggio 1,8).

Ce n’è abbastanza, quindi, per rivolgersi al ministro dell’Istruzione, portando ancora una volta l’Università di Catania alla ribalta nazionale per un caso che non ne migliorerà certo l’immagine. «È possibile – scrive Corsini nelle conclusioni, chiedendo l’intervento del ministero – declassare, depotenziare e dequalificare in tal modo il titolo del dottorato di ricerca in studi storici? È legittimo che una candidata laureata in architettura vinca la selezioni per un concorso di ricercatore in storia contemporanea?».

È possibile, aggiungiamo noi, che «meritocrazia» rimanga sempre una parola vuota?

Salvo Catalano

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