«Questa delibera è una vittoria per tutti i ricercatori dellUniversità di Catania. Anche quelli, sempre meno, attaccati alla gonna del barone di turno». Con queste parole il Coordinamento unico d’ateneo (Cuda) commenta l’importante novità introdotta da Unict: essere pagati per il lavoro che si è svolto. Una conquista affatto scontata per i ricercatori a tempo indeterminato che, finora, pur tenendo lezioni ed esami, erano costretti a farlo gratis o quasi. La battaglia, cominciata più di due anni fa sotto la passata amministrazione guidata dall’ex rettore Antonino Recca, è stata vinta durante l’ultima riunione del senato accademico, lo scorso giovedì.
Quello alla retribuzione aggiuntiva della didattica curriculare, ricordano dal Cuda, è un diritto sancito dalla legge. Secondo la quale, i ricercatori a tempo indeterminato non sono costretti a tenere lezioni o a far sostenere esami. Nel caso in cui lo facciano, quindi, si tratta di una prestazione aggiuntiva che va retribuita separatamente. Un adempimento stravolto da un apposito regolamento interno di Unict che prevedeva il pagamento solo dopo il raggiungimento delle 36 ore di lezione, che corrispondono a una materia da sei crediti formativi. Per insegnamenti che richiedevano un minore numero di ore o per la prima parte delle materie più corpose nessun pagamento era invece previsto per i docenti-ricercatori. «In realtà molti non sono mai stati retribuiti per tutti gli insegnamenti», aggiungono dal Cuda. A nulla, intanto, era servito un ricorso presentato al Tar nel 2011 da alcuni contro il regolamento dell’amministrazione Recca, «soprattutto per il riconoscimento di un diritto oltre al beneficio materiale».
Ma la scorsa settimana, con una modifica del regolamento interno proposta proprio dal nuovo rettore Giacomo Pignataro, «è stata deliberata per la prima volta la retribuzione di tutta la didattica frontale svolta dai ricercatori a tempo indeterminato, dalla prima al’ultima ora». Secondo un compenso orario – non inferiore ai 25 euro all’ora stabiliti dalla legge – deciso di anno in anno a partire dall’anno accademico 2014-2015 e con mille euro lorde per i primi sei crediti di insegnamento nell’anno in corso, da scalare in proporzione per insegnamenti che prevedono un minore numero di ore. «Fermo restando il pagamento di 250 euro per ogni credito formativo eccedente i primi sei», spiegano dal coordinamento.
Una vittoria su tutti i fronti, ci tengono a sottolineare gli interessati, e non soltanto per il proprio portafoglio. «Questa delibera è una sconfitta per tutti quelli che cercano gli amici quando hanno un problema o un conflitto sul luogo di lavoro – scrive il Cuda in una nota – Questa delibera è una sconfessione per tutti coloro i quali continuano a dire (solo perché è più semplice, si fa meno fatica, si preferisce restare piccoli) che le cose non possono cambiare e che i diritti vanno presi come lelemosina, lasciandoli al buon cuore di chi sta più in alto di te». E, forte di questa conferma, il coordinamento annuncia i nuovi obiettivi, in realtà rivendicati da anni anche a livello nazionale: la richiesta di un piano straordinario per il reclutamento dei ricercatori, oggi precari, e l’eliminazione delle gerarchie tra docenti – ordinari, associati, a contratto, ricercatori – resi tutti uguali già oggi dagli stessi doveri ma non dagli stessi diritti.
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