«Due sole assunzioni in 10 anni in tutta la Sicilia sono una vergogna. Se non si realizza un vero turn-over siamo senza speranza». É duro Rosario Mingoia, segretario nazionale Uilca Unicredit nel suo intervento all’assemblea dei lavoratori del gruppo bancario a Palermo che sintetizza le richieste dei dipendenti. L’incontro, indetto da un cartello di sigle sindacali (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl Credito, Uilca Uil, Unisin), è stato diviso in due fasce, una riservata ai lavoratori part-time (la minoranza, sono circa l’8 per cento nell’Isola) e una full-time, rappresentata dalla maggioranza. Le ragioni di questa differenza numerica le spiega Elia Randazzo, segretaria Palermo Fisac Cgil e segretaria nazionale coordinamento Unicredit: «I lavoratori part-time sono più diffusi al Nord perché da noi ci sono più disoccupati nelle famiglie per cui le donne non possono chiedere il part-time, quello che chiediamo piuttosto è la flessibilità degli orari».
Al centro dell’assemblea dei lavoratori i termini dell’accordo siglato il 4 febbraio scorso, che non solo regolamenta le condizioni di uscita dei 3.900 lavoratori che volontariamente scelgono di essere accompagnati alla pensione tramite il fondo interno al settore bancario ma rappresenta anche un insieme di acquisizioni per i dipendenti che rimangono in servizio. Tra le conquiste giudicate positive, ad esempio, in termini di welfare, c’è la polizza sanitaria che sarà operativa dal primo gennaio 2018 e che per un costo complessivo di 20milioni di euro assicura sostegni economici ai superstiti dei dipendenti deceduti in servizio e agli inabili licenziati perché malati. «La polizza è stata una scelta obbligata di fronte alla posizione dell’azienda che ha dichiarato non sostenibile assumere queste persone», ha commentato Mingoia, che ha sottolineato anche l’importanza di contrastare le «consulenze esterne, specie se in azienda si parla di esuberi e a fare lo stesso lavoro potrebbero essere nostri dipendenti che rischiano di andare a casa».
Gli esuberi annunciati dall’azienda preoccupano i lavoratori del comparto: «Rispetto all’accordo di febbraio sono 3.900 in tutto – dice Randazzo -. Complessivamente dal 2015 al 2019 usciranno in tutta Italia 9400 lavoratori Unicredit, mentre, a livello regionale, sono 384 le persone che entro il 2018 entreranno nel fondo esuberi. Quanti siano gli altri lavoratori interessati non lo sappiamo ancora, dobbiamo fare una verifica rispetto a questo piano, probabilmente saranno intorno a 200». La sindacalista giudica parzialmente positiva questa parte dell’accordo perché «al Sud la disoccupazione giovanile è superiore al 70 per cento per cui abbiamo chiesto e ottenuto dall’azienda un impegno che sarà oggetto di verifica che guarda ai giovani in cerca di nuova occupazione».
Le cifre? «L’azienda si è impegnata a stabilizzare tutti i contratti di apprendistato che sono 600 in tutta Italia», afferma Randazzo, ma da questi dati la Sicilia è esclusa. «Purtroppo nella nostra regione non c’è apprendistato – spiega – infatti, in 10 anni, dal 2008 al 2017, Unicredit non ha assunto in alcuna sede siciliana, in questo arco di tempo le persone assunte sono state solo due. Su 1.300 assunzioni nazionali chiediamo che una quota venga riservata alla Sicilia». La risposta da parte dell’azienda? «Sappiamo che valuterà le nostre richieste riservando una certa attenzione alle zone più disagiate del Sud del Paese», assicura Randazzo, precisando però «che i termini sono vaghi, e se non ci saranno altre rassicurazioni non escludiamo iniziative di protesta». A preoccupare i lavoratori meridionali, soprattutto del capoluogo, è anche il livello di professionalità: «Ce ne sono di grande valore in Sicilia, eppure da tempo qui vengono portate attività a basso valore aggiunto, perché la Sicilia deve essere discriminata?»
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