Sono nove i siti che compongono il percorso arabo normanno riconosciuto dall’Unesco nel Palermitano: Palazzo Reale e la Cappella Palatina, la Cattedrale, san Giovanni degli Eremiti, la Zisa, la Martorana, san Cataldo, il Ponte dell’Ammiraglio, il duomo e il chiostro sia di Monreale che di Cefalù. E a questi se ne potrebbero aggiungere altri cinque che presentano dei margini di intervento non particolarmente complessi. Si tratta del Castello a Mare, della Cuba, del Castello di Maredolce con il Parco della Favara, della chiesa di Santa Maria della Maddalena e la Magione. Una prima rosa che farebbe da apripista ad altri siti che però, al momento, presentano criticità che richiedono lavori più complessi e di più lungo respiro. Di questo si è parlato al seminario dal titolo Accrescere le potenzialità del sito UNESCO arabo normanno all’oratorio dei santi Elena e Costantino, luogo peraltro aperto dalla fondazione Federico II che lo gestisce.
Sulla scia di Palermo capitale della cultura 2018 oggi un tavolo di esperti tra accademici, Unesco, Fondazione Federico II, regione e sovrintendenza si è confrontato e su un percorso sul quale c’è la convergenza della direzione dei beni culturali e della sovrintendenza e per affrontare le criticità degli altri siti. Al centro quelle criticità che finora non hanno permesso a questi siti di essere inclusi, come spiega il direttore della Fondazione Unesco Sicilia Aurelio Angelini: «Al sito di Castellamare manca una recinzione di tutta l’area, dei servizi adeguati da musei, un’organizzazione della parte archeologica o l’avvio di nuovi scavi per fare affiorare l’insieme della struttura del sito. Stiamo parlando di interventi non particolarmente complessi, per questo abbiamo tracciato un’ipotesi di lavoro ben precisa, e oggi qui ci sono sia la Soprintendenza che la Regione, per capire come attivare quelle procedure di ricerca e per trovare delle linee di finanziamento necessarie. Ci vuole la volontà di farlo, non si tratta di nuove costruzioni ma interventi leggeri».
«Altro tema è quello che riguarda alcuni siti che richiedono interventi più complessi e impegnativi come la Cuba: in sé il monumento per lo stato in cui si trova non richiede molto, ma l’area circostante dei capannoni delle caserme abbandonate sì, adesso sono state trasferite al demanio della regione, la soprintendenza ha già attivato un progetto di riqualificazione dell’area ed è in attesa dei dei fondi della programmazione economica 2014/2020 per finanziare i lavori. È una questione di volontà politica, poi magari alla fine ci accorgiamo che non siamo riusciti a spendere, ma di idee su come spendere quella cifra ne abbiamo tante».
Un’ottica condivisa da più parti: «Facciamo le politiche dei piccoli passi, partiamo con una serie di lavori e investimenti da questo gruppo di 5 monumenti per riqualificare il territorio, allargando l’attrattività di questi siti», è la tesi di Angelini. Dello stesso avviso Patrizia Monterosso, direttore della fondazione Federico II che ha fatto gli onori di casa all’oratorio: «Questo è il metodo di lavoro giusto, che mostra una sinergia con le istituzioni – ha detto – la nostra cultura chiede di essere svelata non solo a noi adulti ma soprattutto ai giovani. Vedere questa interlocuzione, anche con il mondo dell’associazionismo è la strategia vincente per allargare il riconoscimento dei nostri siti».
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