«Un lavoro lungo e complesso, di grande qualità fatto nel giusto silenzio investigativo». Il questore di Trapani Claudio Sanfilippo ha così commentato l’esito dell’indagine condotta dalla squadra mobile del capoluogo che ha portato all’
arresto dell’Unabomber in salsa siciliana, mittente di una pen drive esplosiva all’avvocata Monica Maragno. La legale, dopo aver ricevuto il plico sospetto, lo consegna alla Procura e la usb esplode, poi, tra le mani di un agente di polizia giudiziaria che ne voleva visionare il contenuto.
In carcere, per minacce e lesioni grave, è finito Roberto Sparacio, di 51 anni, originario di Palermo ma residente a Pantelleria, ingegnere informatico, accusato pure di possesso di materiale esplodente e pedopornografico. L’uomo nell’ultimo periodo ha anche collaborato con un docente della facoltà di ingegneria dell’Università di Palermo.
La pen drive viene recapitata al legale nel settembre del 2016, mentre Monica Maragno si sta occupando della
vendita all’asta di alcuni beni di Sparacio. Uno dei suoi creditori è un cliente del legale. Sembra che l’ingegnere informatico, attraverso il deep web, abbia cercato di ingaggiare un killer per farlo uccidere. Circostanza scoperta da un agente dello Sco (il servizio centrale operativo della polizia) che ha agito sotto copertura e che, nel frattempo, era entrato in contatto con Sparacio tramite i social network.
Il plico ha come mittente l’Ordine degli avvocati. Prima di aprirlo la donna contatta la segreteria: «Non abbiamo spedito niente», la risposta. Così la decisione di sporgere denuncia alla Procura alla quale consegna la posta ricevuta.
Tocca all’agente di polizia giudiziaria Gianni Aceto, in servizio al Palazzo di via XXX Gennaio, visionare il contenuto. Pochi attimi e la chiavetta usb gli esplode tra le mani, ferendolo gravemente.
Già in passato Sparacio si sarebbe reso responsabile di
un analogo episodio: nel luglio del 2016 la vittima sarebbe stata il titolare di un pub palermitano che aveva acquistato all’asta un immobile di sua proprietà. Sparacio colloca quindi una chiavetta Usb nel bagno dell’esercizio commerciale, ma a farne le spese è un cliente che porta la pen drive a casa, rimanendo ferito nell’esplosione della usb. E ancora, nel 2014, nel mirino dell’Unabomber siciliano sarebbero finiti anche alcuni operai che lavoravano in una cava di Pantelleria di sua proprietà. Reclamavano stipendi arretrati non pagati e Sparacio, per punirli, avrebbe messo dell’acido nel sedile di un escavatore, che provocò gravi ustioni alle vittime.
Nell’abitazione dell’indagato gli investigatori hanno rinvenuto
un piccolo laboratorio per la fabbricazione di ordigni esplosivi, materiale che l’ingegnere avrebbe messo in vendita sul sito Subito.it. Adesso al vaglio degli inquirenti c’è anche il materiale pedopornografico rinvenuto nel pc dell’arrestato. Non si esclude, pertanto, che la vicenda possa avere ulteriori sviluppi, come dichiarato dal capo della squadra mobile Fabrizio Mustaro nel corso della conferenza stampa di questa mattina.
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