Sapevamo che la condizione in cui versano le strade di Catania non è certo delle migliori, ma mai avremmo creduto di trovarci di fronte ad un simile disastro. Colpa del Comune? Colpa delle Società addette ai lavori di manutenzione? Colpa della pioggia? Di chiunque sia la responsabilità una cosa è certa: che bisogno c’è di pagare il biglietto del luna park se si può provare la stessa ebbrezza facendo un giro per le strade della nostra città?
E noi, da bravi reporter d’assalto, decidiamo di munirci di macchina fotografica e tanta, tanta pazienza, per mostrarvi lo stato pietoso delle strade catanesi. Ma forse, dopo aver visto le centinaia di immagini della nostra photogallery, anche per voi – così come è successo a noi – sarà difficile definirle ancora “strade”.
Appuntamento alle 10 in piazza Aldo Moro: già dopo pochi metri capiamo che il nostro non sarà un percorso affatto facile (foto 1 – 2). Tutta la zona attorno Vulcania sembra infatti una zona rastrellata dai bombardamenti: buche, anzi fossati… ma che dico fossati… voragini, si aprono maestose nell’asfalto mostrandoci reperti archeologici di antica fattura; pietre, marciapiedi disastrati, asfalto saltato, la fanno da padrone (foto 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 8). Ma noi, sprezzanti del pericolo, decidiamo di avventurarci per le strade che ci porteranno fino alla redazione di Step1, in piazza Dante.
La prima brusca zigzagata ci fa quasi colpire il marciapiede di via Castorina (foto 1 – 2 – 3 – 4), proprio alle spalle di piazza Aldo Moro, a causa di uno squarcio nel manto stradale che sembra essere lì da anni. Percorrendo via Torino fino in piazza Lincoln la situazione non migliora e le macchine sono costrette ad improvvise frenate e deviate che non fanno altro che peggiorare il caos del traffico cittadino. Rileviamo in particolare uno strano movimento di tettonica a zolle proprio all’incrocio tra via Torino, via Fusco e via Pirandello (foto 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7). Piazza Lincoln è… ma la piazza dov’è? Le panchine, gli alberi e i cespugli sono ricoperti da travi e materiale di vario genere, i marciapiedi, beh, meno male che siamo in macchina e non dobbiamo attraversare la piazza a piedi (foto 1 – 2 – 3).
A causa degli interminabili – e surreali, aggiungiamo noi, ma questa è un’altra storia – lavori di rifacimento di corso delle Province (foto 1 – 2 – 3), il traffico è in tilt. Scegliamo di percorrere una strada alternativa, via Renato Imbriani (foto 1 – 2 – 3 – 4 – 5), ma anche qui gli addetti alla manutenzione sembrano non passare da un bel po’. Dai marciapiedi sono saltate tutte le mattonelle; al centro della carreggiata è ben visibile una profonda spaccatura di ignota natura (foto 1); dall’asfalto – all’incrocio con via Canfora – emerge di almeno 5 cm un tombino (foto 1). Perché a Catania i tombini, o sono sprofondati nel manto stradale, o spiccano solitari nei punti più disparati. Ma piazzarli a livello del suolo è così difficile?
Giungiamo incolumi all’altezza del Tribunale, ma il semaforo dell’incrocio tra corso Italia (foto 1 – 2 – 3) e via Ventimiglia ci obbliga a fare una sosta. Tu-tum… sparatruf… spatatrank… (foto 1 – 2 – 3)
Dopo aver provato l’ebbrezza delle montagne russe su una semplice autovettura, decidiamo che forse è meglio posteggiare la macchina in piazza Verga e andare a piedi. Del resto lo dicono anche i dottori: “non serve la palestra, per restare in forma bastano 40 minuti di camminata continua a passo spedito”.
Giunti in piazza Umberto ci ristoriamo con una bevanda fresca che per pochi attimi ci distoglie dal pensiero di buche, tombini e marciapiedi (foto 1 – 2 – 3 – 4). Ma la pausa dura pochi istanti perché il transito delle vetture su un tombino parecchi centimetri al di sotto dell’asfalto ci riporta alla realtà con un tu-tum martellante e continuo. Auto… tu-tum, autobus… tu-tum, ancora un’auto… tu-tum. Ci avviciniamo al tombino colpevole di tanto fracasso e lo immortaliamo con la nostra macchina fotografica (foto 1).
Da piazza Umberto ci spostiamo in piazza Carlo Alberto, il suggestivo luogo che ogni mattina ospita il mercato storico della città (a Fera o’ Luni). Lì lo stato dei marciapiedi è veramente pietoso: interi blocchi sono staccati e dondolano pericolosamente (foto 1).
Rinviando il corso Sicilia – piastrellato da “simpaticissime” tessere stile mosaico – ad un prossimo reportage fotografico, ci dirigiamo direttamente in via Etnea, all’altezza di piazza Stesicoro, dove la sera prima avevamo quasi inciampato a causa del cedimento di alcune basole di pietra lavica proprio al centro della strada (foto 1). Nonostante il transito della auto sia interdetto in quella porzione di via Etnea, ci hanno pensato gli autobus urbani a far sprofondare la strada, oggetto di continui lavori di ripavimentazione dalla notte dei tempi.
Procediamo a passo lento per via Etnea in direzione piazza Duomo, quasi palpando con la pianta dei piedi i blocchi di pietra vulcanica da poco lavorati dagli scalpellini; ma sebbene il percorso risulti piacevole a chi come noi indossa scarpe basse e senza tacchi, le donne sui “trampoli” trovano non poche difficoltà a poggiare i talloni a terra per via dei blocchi bucherellati a mo’ di Groviera. Invece di apprezzare l’opera portata finalmente a compimento, ci mettiamo a far polemiche… e sempre a lamentarci siamo!
Svoltiamo nel vicoletto adiacente Coin e ci imbattiamo in un piccolo incrocio disastrato dove l’asfalto si confonde coi blocchi di pietra lavica: quel che ne viene fuori è un pasticcio senza eguali. Via Montesano – la strada del Waxy O’Connors, per intenderci – ci rivela un bacino idrografico inaspettato formatosi per un avvallamento del manto stradale (foto 1 – 2).
Non ancora paghi di tanto orrore, decidiamo di riprendere l’auto per fare una capatina alla Stazione e al Porto, due importanti zone di flussi turistici e commerciali (l’Aeroporto nelle prossime puntate). Arrivati lì ci accorgiamo di come il parcheggio di fronte la Stazione sia pieno di avvallamenti, buche, rattoppi, terricci, ecc… Strati e substrati di asfalto, generazione dopo generazione, si avvicendano, s’intersecano, si amalgamano, s’innestano, si sovrappongono (foto 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 8 – 9).
Mentre l’indignazione cresce scatto dopo scatto, un uomo di ignoti natali si avvicina curioso e ci racconta la sua storia: un anno fa in sella alla sua moto si è imbattuto in una buca del parcheggio della Stazione, cadendo rovinosamente. Fiero delle sue cicatrici ci mostra il polpaccio e ci elenca i danni subiti (foto 1): nr.1 rotula rotta, nr.1 braccio contuso (quello destro), nr. indefinito di lividi, nr.1 festa di S. Agata passata a letto in ospedale. Non ha ancora fatto causa al Comune ma intende farlo… chissà se dopo un anno qualcuno gli darà retta e soprattutto chissà se crederanno alla sua versione dei fatti.
È il momento di andare al Porto. Salutiamo il nostro amico e ci dirigiamo agli archi della marina, ma alla rotonda della stazione – piazza Papa Giovanni XXIII (foto 1) – un’insidiosa buca ci tende una trappola… tu-tum (foto 1). Sotto gli archi le strade sono malmesse ma è difficile fermarsi per scattare qualche foto, così decidiamo di proseguire la rotta per il Porto. Prima di entrare si attraversano le rotaie di una linea ferroviaria dismessa… tu-tum… poi si varca il cancello d’ingresso sorvegliato dalla Guardia di Finanza. Avanziamo e subito la nostra auto cavalca l’irrequieto manto stradale. Ogni metro percorso è una scalciata che ci fa sobbalzare su e giù. Boing… boing… boing… Decidiamo di scattare una sola foto, ma che sia emblematica (foto 1). Inutile parlare della banchina principale che dell’asfalto non ha mai fatto conoscenza.
Con le pile – e non solo quelle della fotocamera – quasi scariche partiamo alla volta del Monastero dei Benedettini, sede della redazione del nostro giornale, dove le foto scattate andranno passate sull’hard disk, selezionate, migliorate e rinominate per poter creare una mega photogallery – ben 106 foto! – a cui potrete contribuire anche voi lettori.
Parcheggiata l’auto percorriamo a piedi le poche decine di metri che ci separano dall’entrata del bar dei Benedettini. Con la mente annebbiata dalla stanchezza, ci sembra di vedere delineata nell’asfalto l’immagine della Sicilia (foto 1). Ma la nostra avventura non è ancora finita: altre buche spuntano come funghi davanti ai nostri occhi (foto 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7). Possiamo non immortalarle? Un ultimo scatto lo riserviamo all’entrata principale dei Benedettini… in barba ai disabili (e in verità anche a coloro che hanno le gambe funzionanti) l’accesso presenta non poche insidie (foto 1). Occhio a non inciampare colleghi!
Il rumore dei passi sui ciottoli presenti sullo spiazzo del “giardino degli ulivi”, davanti il corpo aule nuove, scandisce gli ultimi attimi del nostro reportage che deve ora essere scritto e pubblicato: “Sapevamo che la condizione in cui versano le strade di Catania…”
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