Un ‘Ringhio’ tra i rosanero

Quando Carletto Ancelotti, nel 1995, arrivò sulla panchina della Reggiana, in B, non aveva praticamente alcuna esperienza da allenatore, anche se era stato, da calciatore, un centrocampista ordinato e di classe, con una visione di gioco completa e intelligente, ma penalizzato da diversi infortuni. Certo, aveva fatto il “secondo” di Arrigo Sacchi in Nazionale e aveva avuto eccellenti maestri, come Nils Liedholm, ma non aveva mai allenato una sua squadra a quei livelli. In molti storsero la bocca, ma Carletto riuscì a centrare la promozione dalla serie B alla A, primo passo di un percorso professionale vincente in Italia e in Europa.

E’ una sorta di precedente, illustre e speriamo beneaugurante, per quello che potrebbe succedere a Palermo, tra qualche settimana, se, come molti ormai danno per certo, sarà Gennaro “Rino” Gattuso a prendere il posto di Sannino. In pochi, infatti, danno credito alle ostinate dichiarazioni di Maurizio Zamparini sulla permanenza del tecnico di Ottaviano alla guida della squadra che tenterà il ritorno nella massima serie.

L’ex tecnico di Varese e Siena è dato per partente, con destinazione ora Verona, ora Genova, sponda rossoblù, e la società rosanero starebbe cercando un sostituto. Tanti i nomi, almeno sedici, dice Perinetti, all’esame della dirigenza di viale del Fante. Tra questi, anche ex rosanero come Iachini o Liverani e, fino a qualche giorno fa, Corini e Ventura, che, però, resteranno dove sono, al Chievo e al Torino. Tutti, tranne Liverani, con diverse promozioni nella massima serie nel palmares personale.

L’ultimo dell’elenco, il favorito a questo punto, sarebbe proprio “Ringhio” Gattuso, sanguigno uomo del Sud che si è affermato calcisticamente nel Milan, dove ha avuto come allenatore lo stesso Ancelotti, e in Nazionale, dove con Lippi ha vinto il mondiale del 2006.

Uomo forte dello spogliatoio, punto di riferimento per molti compagni di squadra, rimangono negli occhi le immagini di Gattuso che, ormai relegato in panchina e non più titolare inamovibile, urlava per dare suggerimenti ai compagni in campo, quasi un allenatore in pectore.

Come l’Ancelotti del ’95, Gattuso non ha alcuna esperienza da allenatore. O quasi. L’anno scorso, ‘Ringhio’ ha lasciato il Milan per andare in Svizzera, al Sion dove, per qualche mese ha fatto il giocatore-allenatore, con risultati così così: 2 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte. Il presidente, Constantin, una specie di Zamparini elvetico con all’attivo, pare, 39 esoneri, lo ha sostituito con Decastel. Gattuso sta frequentando il master di Coverciano per ottenere il patentino di allenatore, ma, soprattutto, è legato al Sion fino al 2014.

Un ostacolo, apparentemente, per il concretizzarsi di una suggestione, affascinante e attraente, se soltanto… Sono troppi, infatti, gli argomenti che fanno storcere il naso, come per Ancelotti alla Reggiana quasi 20 anni fa, per il possibile arrivo di Gattuso a Palermo. Certo, il guerriero calabrese sarebbe una specie di sergente di ferro, trasmetterebbe grinta e carattere, ancor più di Sannino, alla sua squadra, una squadra da combattimento, da corsa e sudore, pronta a aggredire l’avversaria di turno. Ma, con il suo carattere, quanto resisterebbe alla corte di un presidente come Zamparini, invadente e con una personalità altrettanto forte?

Basta rileggere alcuni passaggi di una sua intervista a Repubblica, di appena 2 mesi fa, era il primo marzo. Se un giorno la chiamasse Zamparini, si fiderebbe? “Io credo alla parola di uno che mi dice una cosa. Se mi parla di un progetto da due anni, gli credo, credo nella programmazione. Se poi ti caccia via dopo 15 giorni, bisogna andare dal neurologo”.

Nella stessa conversazione, Gattuso dice che un allenatore “conta per le gestione e per la coerenza. Senza allenatore non puoi pensare di potere andare da solo a preparare le partite”, contraddicendo chi pensa che un tecnico incide non più di tanto in una squadra, e che “i grandi allenatori li fanno anche i grandi giocatori e le grandi squadre”. Parole chiare, magari non riciclabili in toto per un’eventuale esperienza a Palermo, ma che sembrano indicare che per ottenere grandi risultati, ci vogliono giocatori adeguati.

E la tifoseria, già depressa, giustamente, per la retrocessione, come leggerebbe l’arrivo di un esordiente, quando sarebbe più indicato un tecnico di esperienza per gestire quella che dovrebbe essere una corazzata costruita per centrare subito la promozione, come la Juventus di qualche anno fa? Sembrerebbe la conferma ai timori di tanti tifosi del protrarsi di una china discendente del Palermo, iniziata già da due anni. Come potrebbe contribuire un allenatore inesperto della categoria a allestire un organico funzionale a un progetto tecnico totalmente nuovo del quale, tra prevedibili partenze e arrivi ancora indefiniti, non si scorge nemmeno la fisionomia (forse proprio in attesa di definire l’identikit del nuovo allenatore)?

Tante, troppe incognite, alcune soltanto accennate, per un’ipotesi, sì suggestiva, ma che ha i contorni grigi di un salto nel buio. La piazza di Palermo è ambiziosa, forse presuntuosa e viziata da 7 anni di successi, culminati con la finale di Coppa Italia, e amareggiata da due anni di fiaschi, ma sempre ammirevole per civiltà, pazienza e attaccamento ai colori sociali, soprattutto.

Zamparini è ancora forte ancora sul credito accumulato con la promozione, con i successi di tanti anni e con i tanti campioni portati in rosanero (non deve essere mai dimenticato), ma il conto della fiducia degli appassionati è ormai in rosso e, l’eventuale scelta di Gattuso sembrerebbe una specie di assegno in bianco (sempre di tipo morale parliamo) che, speriamo, non risulti poi scoperto e protestato. Chi vivrà, vedrà.

 

Stanislao Lauricina

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