Un piano lacrime e sangue per evitare il dissesto E Orlando punta il dito contro Riscossione Sicilia

Sono tante le dichiarazioni che si sono inseguite negli ultimi due giorni sul piano di riequilibrio finanziario pluriennale autorizzato ieri dal consiglio comunale. Da chi, molti, ha urlato al dissesto con fare apocalittico, a chi ha minimizzato, spiegando che si tratta di una cosa piuttosto usuale. Come al solito la verità va cercata nel mezzo. Quella approvata ieri a sala delle Lapidi è una delibera che dà il via alla procedura di predissesto: adesso il Consiglio avrà tre mesi di tempo, non un giorno di più, per approvare un piano in grado di rimettere in pari i numeri del bilancio in più soluzioni spalmate su dieci anni. Dieci anni in cui in totale andranno recuperati circa ottocento milioni di euro.

Le casse comunali in realtà non godrebbero neanche di cattiva salute, ha ragione Orlando quando dice che «Palermo, a differenza di altre grandi città del nostro paese, ad esempio Roma, Torino e Napoli, ha sempre tenuto in ordine i propri conti senza alcun sovra-indebitamento e ha garantito i servizi essenziali nei limiti consentiti dal quadro finanziario». L’ente riesce comunque a barcamenarsi, pur senza strafare, ma adesso ci sarà un fardello da un’ottantina di milioni all’anno che andranno recuperati giocoforza a via di tagli e ridimensionamenti. E palazzo delle Aquile potrà tentare di farlo senza l’intervento di un commissario, vista la dichiarazione di predissesto, ma dovrà sottostare a tempi serratissimi, messi nero su bianco da un emendamento a firma Ugo Forello, approvato dall’Aula. Il Ragioniere generale dovrà fornire dati precisi sui fondi da reperire già entro la prossima settimana, poi toccherà al direttore generale redigere una relazione entro un mese, con giunta e Consiglio che avranno 45 giorni a testa per presentare la bozza del piano e per approvarla.  Entro Natale, insomma, dovrà essere tutto incasellato o sarà dissesto.

Le origini di questa situazione, che alla vigilia delle elezioni comunali promette già di complicare oltremodo la vita del successore di Leoluca Orlando, sono da ricercare non tanto nei buchi creati da possibili cattive gestioni economiche e finanziarie, ma nella scarsissima capacità del Comune di Palermo di riscuotere quello che gli spetterebbe in termini di tasse (basti pensare agli oltre 17 milioni di euro in multe mai incassate). Si tratta dunque di cifre attese, che per questo creano una voce in bilancio, che tuttavia finisce puntualmente col rimanere scoperta, costringendo il Comune a una anticipazione di tesoreria e a mettere da parte delle risorse per evitare che il buco creato non diventi una voragine. Per questo Leoluca Orlando punta il dito con tanta forza contro Riscossione Sicilia, che quelle tasse avrebbe il compito di raccogliere.

«Il comune di Palermo è in condizioni di sovra accreditamento -dice Orlando – non riesce cioè a riscuotere quanto dovuto subendo la fallimentare gestione di Riscossione Sicilia, l’agenzia regionale competente. La lotta all’evasione è diventata così un boomerang che si ritorce contro tutti i comuni siciliani vittime di questa fallimentare gestione. L’amministrazione comunale ha già avviato le procedure per far valere le responsabilità civili, contabili e penali di Riscossione Sicilia. Ma si trova nelle condizioni, in virtù di una legge nazionale, di dover accantonare le somme richieste ai contribuenti che seppur accertate dal comune non vengono riscosse dall’ente regionale. Tale condizione è la conseguenza della mancata applicazione del federalismo fiscale con i relativi interventi compensativi della nostra regione anche in considerazione delle condizioni socio economiche. Questa situazione riguarda la città di Palermo così come altri 250 comuni siciliani che non possono chiudere i bilanci. Senza considerare i circa 100 comuni siciliani in dissesto o in piano di rientro. La gravità e specificità dei comuni siciliani, compreso quello di Palermo, è oggetto di una procedura in corso di confronto tra governo nazionale, regionale e Anci Sicilia, i cui esiti potranno influenzare, alleggerire o addirittura rendere non più necessario il ricorso alla procedura di riequilibrio nei prossimi 90 giorni».

Gabriele Ruggieri

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