Forse è il caso che i tifosi del Palermo si rassegnino. Rare volte in questa stagione i sostenitori rosanero potranno vivere una giornata all’insegna della tranquillità esultando per un successo ‘sereno’ dei propri beniamini. Del resto, se si rischia di non portare a casa una partita assolutamente alla portata e ormai in discesa come quella casalinga contro il Campobasso (3-1 il finale) introdotta da un micidiale uno-due nei primi cinque minuti di gioco diventa quasi automatico, a prescindere da altre variabili come possono essere nell’arco di una partita le cervellotiche decisioni di un arbitro in giornata no, capire la tipologia e la natura di questa squadra. Imprevedibile, sia nel bene che nel male, e bravissima a complicarsi la vita da sola. Solo una compagine che si nutre di autolesionismo come quella allenata da Filippi avrebbe potuto, dopo essere andata avanti di due gol nelle battute iniziali del match grazie alle prime marcature in questo campionato di Silipo (sinistro all’incrocio su assist di Soleri) e Valente con un destro a giro in seguito ad un clamoroso errore di Floriano a tu per tu con il portiere sugli sviluppi di un’azione alimentata da un colpo di tacco del talento scuola Roma, far rientrare in partita un Campobasso alle corde e rimettere in discussione un risultato che sembrava già acquisito.
Determinante, in questo contesto, anche lo ‘zampino’ dell’arbitro che in seguito all’espulsione di Giunta per somma di ammonizioni al tramonto del primo tempo ha continuato a imbrattare la gara con tocchi di originalità mostrando al 59’ il cartellino rosso ad Odjer in maniera piuttosto severa per un’entrata del centrocampista (uno dei migliori sul fronte rosanero, fino a quel momento, per la sostanza che ha garantito nella zona nevralgica del campo) valutabile in un altro modo e soprattutto per il rigore, fallito poi da Bontà, concesso al 79’ per un presunto fallo di Lancini (le immagini televisive confermano che il difensore, protagonista in ogni caso di una prova al di sotto della sufficienza, tocca nettamente il pallone) ai danni del centrocampista Tenkorang entrato dopo l’intervallo al posto di Emmausso. Il direttore di gara ci ha messo del suo – e questo è innegabile – ma la verità in merito alla quale dovrebbero riflettere i rosanero è che la squadra avrebbe potuto e dovuto evitare lo sviluppo di determinate situazioni. Avrebbe dovuto, in pratica, sferrare il colpo del definitivo ko nel momento in cui, in particolare nell’ultimo segmento della prima frazione di gioco, ha avuto la possibilità (Floriano si è divorato un’altra occasione) di mettere il punto esclamativo su un match riaperto al 54’ dal gol dell’attaccante Rossetti con un diagonale da posizione defilata che ha sorpreso il portiere Pelagotti, non impeccabile come successo in altre circostanze nel recente passato.
E’ difficile fermarsi all’apparenza ed evidenziare solo l’importanza di un successo (il secondo in questo campionato dopo quello ottenuto alla prima giornata in casa contro il Latina) comunque prezioso per il Palermo chiamato a riscattarsi e dare segnali di un certo tipo in seguito alla preoccupante prestazione fornita a Viterbo contro il Monterosi. Dietro il 3-1 maturato contro il Campobasso, risultato messo in cassaforte subito dopo l’errore dal dischetto di Bontà grazie alla seconda marcatura di fila dell’attaccante Brunori (subentrato al 62′ a Floriano, con i rosa in dieci, in concomitanza con l’ingresso di De Rose al posto di Silipo che il pubblico avrebbe voluto ancora in campo come dimostrano i fischi rivolti al tecnico Filippi al momento della sostituzione) c’è tutta la schizofrenia e l’inaffidabilità di una squadra che ancora fatica a leggere bene i momenti e che non sa cosa significa gestire un vantaggio. Vinci 2-0 dopo appena cinque minuti e metti in discesa un match che sembra sotto il tuo pieno controllo? Con il Palermo mai dire mai. Come se, facendo riferimento al linguaggio del cinema, il brivido e la suspense fossero elementi imprescindibili nelle trame dei film che la compagine di Filippi ‘gira’ durante le partite.
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