Un gol a fine primo tempo piega i rosanero Il Palermo stecca un’altra prova della verità

Palermo interrogato alla lavagna: «Cosa fare per battere fuori casa la Viterbese, conquistare la seconda vittoria di fila in trasferta e, al di là della sconfitta, dare continuità alle indicazioni confortanti emerse nel match casalingo con il Catanzaro?» Ecco la domanda a cui dovevano rispondere i rosanero. Che, invece, si sono fatti ‘beccare’ impreparati. Anche se allo stadio Enrico Rocchi non è stata scena muta la sostanza non cambia perché gli uomini di Boscaglia non hanno mostrato un livello di preparazione adeguato al compito formulato dal lunch-match della ventisettesima giornata del girone C del campionato di serie C. Esame impostato facendo leva sulla capacità del candidato di affrontare nella maniera giusta la classica partita ‘sporca’ – sulla falsariga di molte sfide che contraddistinguono questa categoria – che richiede determinate caratteristiche: mentalità vincente, malizia e soprattutto lucidità nella lettura delle varie situazioni che si verificano nell’arco dei novanta minuti.

Requisiti, tuttavia, di cui non era in possesso il Palermo che, come suggeriscono diversi segnali (a partire dall’esclusione di Kanouté dalla lista dei convocati per uno screzio avvenuto con Almici alla vigilia nel corso della rifinitura fino all’inferiorità numerica per le espulsioni di Almici e Odjer rispettivamente per un doppio giallo rimediato nel giro di due minuti ed un ingenuo tocco al braccio dell’arbitro dopo un’ammonizione passando attraverso la condotta generale e l’interpretazione di una partita risultata poi piuttosto spigolosa), oltretutto ha condito l’approccio alla gara con un nervosismo poco adatto alle esigenze di un gruppo che, anche in virtù di una consapevolezza dei propri mezzi alimentata dalle ultime prestazioni, avrebbe dovuto studiare con serenità.

E invece? I rosa, al secondo passo falso di fila e sconfitti per 1-0 alla luce del gol evitabile realizzato allo scadere del primo tempo da Adopo (entrato al 15′ al posto dell’infortunato Palermo) con un sinistro sotto la traversa sfruttando una palla vagante in area sulla quale non si sono fatti trovare pronti Almici (di nuovo titolare dopo due mesi e mezzo di stop forzato dovuto ad un infortunio) e Accardi (schierato inizialmente nella difesa a quattro sull’out sinistro al posto di Crivello entrato poi durante la ripresa al posto di Floriano), hanno steccato il test sottoposto alla loro attenzione. Due tentativi di Lucca nel primo tempo, conclusioni insidiose di Martin (capitano e schierato come mezzala sinistra in un centrocampo a tre prima di essere sostituito da Santana al 53′) e di Silipo (entrato dopo l’intervallo al posto di Rauti) nella ripresa culminata con un colpo di testa di Luperini che ha colpito la parte superiore della traversa sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Al di là di qualche lampo nel buio, il Palermo ha fatto troppo poco per vincere una partita comunque alla portata, nonostante i buoni risultati ottenuti di recente dai laziali tra le mura amiche e sanciti dalla quarta vittoria nelle ultime sei gare con un solo gol al passivo nel nuovo anno solare, e che avrebbe dovuto aggredire fin dalle prime battute se avesse voluto dare una dimostrazione di forza e ribadire che la classifica attuale non rispecchia il reale valore della squadra.

Il problema è proprio questo, è la distanza esistente tra i propositi sbandierati dall’allenatore prima delle partite e le risposte che vengono fornite poi da chi va in campo. Come se giocatori e tecnico (colpevole dei passi indietro compiuti dal gruppo in questo caso pure dal punto di vista del gioco rispetto alle ultime uscite perché un allenatore è chiamato anche a trovare soluzioni ai problemi e se non ci riesce è giusto che si assuma le sue responsabilità) fossero sintonizzati su frequenze diverse e come se, inconsciamente, i giocatori si fossero abituati a rimanere imprigionati in una spirale di mediocrità ovviamente incompatibile con determinate ambizioni in chiave playoff. Parola che probabilmente in questo momento non andrebbe neanche pronunciata perché la formazione di Boscaglia, in silenzio stampa al termine del match, non è in grado di allargare gli orizzonti o ragionare in prospettiva. Meglio pensare solo al presente senza bypassare le poche note positive (sul piano psicologico e a titolo personale può essere importante il rigore parato al 14’ del secondo tempo da Pelagotti che respingendo un tiro di Murilo dagli undici metri ha allontanato qualche fantasma e permesso ai suoi di tenere il risultato in bilico fino all’ultimo) ma concentrandosi soprattutto sui tanti difetti da correggere, sulle lacune di natura tecnica e caratteriale a causa delle quali i rosanero faticano, specialmente in partite come queste in cui un singolo episodio può fare la differenza, a spostare l’inerzia dalla propria parte.

Antonio La Rosa

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