La testa riccioluta di Lidia ferma contro la bara di suo fratello Luca. Un fiume di persone – vecchi e bambini, giovani e famiglie, credenti e non – che silenziosamente aspetta di rendere omaggio al ragazzo che, negli ultimi mesi, ha saputo regalare una lezione di dignità nella sofferenza, lasciando in eredità un esempio di cosa vuole dire lottare sperando. Nel popolo che ha riempito il Duomo di Giarre per i funerali di Luca Cardillo c’è tanta stima. Al dolore, all’emozione, alla pietà si impastano stima e riconoscenza. È come se a ricevere l’ultimo saluto non sia un ragazzo di 24 anni ma un uomo che ha avuto la fortuna di vivere tutta la sua vita, e che ora dal tributo degli altri vede riconosciuto quanto di buono seminato. Un tumore osseo maligno ha impedito al giovane giarrese di arrivare fino in fondo, ma non gli ha impedito di costruire lo stesso moltissimo.
«La nostra presenza oggi qui – ricorda don Nino Russo durante l’omelia – la presenza di tanti giovani dice che Luca ha saputo farsi amare coinvolgendo tanti nella sua battaglia di amore per la vita. Noi non abbiamo tutte le risposte, non ci sono spiegazioni e il senso di molte cose resta oscuro, perché siamo fatti per vivere non per morire. Quello che sappiamo è che la vita è un bene di cui non possiamo disporre, ci è stata data. Vorremmo essere padroni assoluti della nostra vita, ma non è così. Luca si è arreso ma non da disperato, fino all’ultimo ha saputo lottare e sperare. La sua morte ci lascia un messaggio importante: la vita va riconosciuta sempre nel suo valore e non disprezzata».
Quando, alla fine della funzione, la sorella Lidia sale sull’altare per leggere le due lettere, la sua e quella della mamma Pina, anche lei torna su questo regalo. «Tu, amore mio, hai dato una lezione a chi è capace di giocare con la propria vita per una banalità, sei un esempio unico, sei il mio eroe». Legge tutto d’un fiato Lidia nel tentativo di ricacciare dietro le lacrime. Un dolore esposto con grande dignità da lei che ha appena 18 anni e da tutta la sua famiglia. La mamma Pina affida alla voce della figlia il suo messaggio: «Se avessi saputo che era la tua ultima notte, avrei dormito con te nel lettino tenendoti la mano fino alla fine ma non sapevo che andassi via proprio lunedì mattina». E ricorda «il tuo sogno, frequentare quell’accademia di teatro che ti avrebbe aperto le porte dello spettacolo, ho cercato di renderti felice dandoti la possibilità di seguire il tuo sogno. Ora non respiri ma vivi, non cammini ma voli verso il Paradiso che meriti per la tua forza e bontà d’animo».
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