Un alberello di ficus che svetta sulla facciata della chiesa monumentale di San Nicolò La Rena, accanto al monastero dei Benedettini. «C’è il rischio che le radici spostino le basole. Sarebbe un pericolo per il bene, ma soprattutto per i passanti», afferma Giuseppe Sperlinga, biospeleologo e presidente dell’associazione Stelle e ambiente. «La prima volta me ne sono accorto il 2 giugno dello scorso anno – racconta – Per aver raggiunto quelle dimensioni, saranno passati quattro-cinque anni dalla sua nascita».
«L’occhio distratto non va a cercare cosa cresce negli anfratti – prosegue Sperlinga – Ma in realtà nessuno si cura di andare a rimuovere anche il resto della vegetazione spontanea che cresce sul prospetto della chiesa». Infatti, oltre al piccolo alberello, sull’edificio di piazza Dante c’è «un campionario di botanica che comprende alcune piante di capperi», lamenta Sperlinga. In parte le erbacce sono state tolte durante i lavori di rimozione dei graffiti disegnati poche settimane fa. Un secondo lavoro di pulizia è previsto prossimamente dall’assessorato comunale alla Cultura anche nella parte sommitale. Ma sarà un’operazione che dovrà essere condotta assieme alla soprintendenza di Catania. «La chiesa è in uso al Comune, non è in nostra consegna», sottolinea la responsabile dell’ente Fulvia Caffo. «Vedremo come intervenire nel momento dell’esecuzione del lavoro», dice. Un intervento simile è stato già condotto a pochi metri di distanza, sul tetto della biblioteca Ursino Recupero. Anche in questo caso, un alberello di ficus ha messo radici sulla copertura, provocando delle infiltrazioni che hanno danneggiato gli affreschi da poco restaurati.
Secondo Giuseppe Sperlinga non è raro che piante di questo genere attecchiscano in luoghi così irraggiungibili. «Nella piazza ci sono altri esemplari di ficus. Sono semi che volano, uno è andato a trovare il punto giusto – sorride – devono trovare le condizioni adatte. Evidentemente questa pianta ha trovato un piccolo anfratto tra una basola e l’altra». Il punto, aggiunge, è che «periodicamente si dovrebbero fare degli interventi. Bisogna controllare almeno una volta all’anno lo stato delle facciate, eliminare le erbacce e prevenire i danni delle radici». L’apparato radicale, infatti, «svolge una duplice azione: meccanica e chimica», spiega l’esperto. Da un lato la pianta emette delle «sostanze acide che possono provocare danni alle rocce; dall’altro le radici spingono le basole. Tra quattro anni ci sarà il rischio che si verifichino infiltrazioni di acqua». Molti problemi portati da un piccolo seme trasportato dal vento. «E chi ci va di mezzo è il monumento», sospira.
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