Un avvocato siciliano con Mr. Bee, nuovo socio del Milan «Si entrava solo con carta e penna». Il futuro? «Il cibo»

Silvio Berlusconi, di avvocati, ne ha conosciuti tanti. Mai un licatese che si occupa di borsa: Gioacchino Amato. Quarant’anni, senior manager legal presso Pricerwaterhouse Coopers, studio internazionale che conta almeno 144 succursali in tutto il mondo (Afghanistan compreso). È stato lui a coordinare il pool di avvocati che hanno assistito Mr. Bee e la sua società nella trattativa con Fininvest per l’acquisizione del 48 per cento del Milan

La vicenda è semplice e concreta, come il broker thailandese: Bee Taechaubol, quarantenne anche lui, per poter formulare la sua proposta e svolgere la trattativa, deve capire come e dove quotare il club meneghino. Dà, dunque, mandato a tre studi legali: a Hong Kong, in Cina e, appunto, in Italia. Lo studio romano è quello dove lavora l’avvocato Amato, laureato alla Luiss e masterizzato a Berkeley, ricercatore a La Sapienza e docente nell’università dove ha studiato, oltre che a Firenze; già collaboratore della Consob, ha seguito le quotazioni nelle operazioni Fincantieri e Sisal, mediaticamente meno clamorose della trattativa, ma più significative sul piano economico. 

L’incarico verte sulla quotabilità della società di Berlusconi in Italia (questione sulla quale ancora non è intervenuta una decisione). «Facevamo le conference call a orari impensabili. Inoltre la riservatezza era estrema: all’entrata della data room si operavano controlli di massima sicurezza: si entrava solo con carta e penna». Com’è Mr. B? «Simpatico, giovane, pesa le parole. Ha partecipato a tutte le riunioni: è uno che il business lo segue in prima persona». Di serio, è serio: ha licenziato all’istante il suo più stretto collaboratore, dopo la battuta sui «40mila topi interisti». L’avvocato Amato è laziale, e a Roma è legato anche dall’esperienza parlamentare del padre, il dottor Giuseppe Amato. «La politica mi piace, ma nella vita devi scegliere». Che politico sarebbe? «La mia cultura è di centrodestra, sono un moderato, oltre che cattolico praticante; ad esempio, penso che Bergoglio abbia un’agenda politica: il discorso al Parlamento Europeo è chiaramente un manifesto politico». 

Licata, il paese da cui è partito. «La frequento molto, mi interesso di ciò che succede in città, sono sempre a disposizione della mia terra. Il nuovo sindaco, Angelo Cambiano, è un giovane circondato da giovani: gli faccio un grosso in bocca al lupo. Sono, invece, arrabbiatissimo con Crocetta: nel 2013 il Pil siciliano è sceso del 14 per cento, non c’è programmazione». Come lui, tanti altri licatesi hanno avuto successo lontano dalla propria città. «Nella nostra comunità c’è invidia, tendenza a distruggere. Quando si torna giù ci si impigrisce: siamo creativi, ma svogliati». Ci sono più avvocati che bar. «Consiglio di non studiare giurisprudenza, il futuro è l’agricoltura, il cibo». Lei, però, è un avvocato. «Sì, mi riferivo alla laurea. Secondo me quello è un punto di partenza (da accoppiare con un master); oggi l’avvocato è imprenditore di se stesso: deve fare marketing». 

Nonostante l’amore per la provincia, è convinto che «il futuro sia sempre più nelle città». A Licata la borsa non c’è, ma è molto attivo il mercato ortofrutticolo, dove gli apici si registrano a inizio e a fine mese (momento di pensioni e stipendi), cosa succederà quando non esisteranno più le pensioni e il reddito non equivarrà a uno stipendio fisso? «Si deve iniziare ad internazionalizzare, per forza. Vediamola positivamente: non avere uno stipendio può rappresentare uno stimolo a cercare un lavoro che non è fisso, ma che magari ti dà più soddisfazioni». Un giovane ruggente, l’avvocato Amato. «Il ricambio generazionale è già in atto: pensa ai due Matteo (Salvini e Renzi); un sessantenne non può funzionare, oggi: ha input e ritmi completamente diversi». E mentre in Italia si rinnova la classe dirigente, anche in Asia iniziano a conoscere la Sicilia e la sua gente. Questa volta, in un intreccio picaresco in cui il legale è letteralmente l’avvocato del diavolo.

Gino Pira

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