La “censura” subita il 6 maggio sul palco della Cgil, la richiesta di dimissioni immediate di Raffaele Lombardo, indagato per mafia, la denuncia delle connivenze tra il Pd e il partito del Governatore siciliano. A fare da filo conduttore tra questi temi, il ricordo di Peppino Impastato e del suo modo di fare “antimafia sociale”.
Denunciare l’infiltrazione mafiosa nelle amministrazioni e nella politica siciliane era ciò che si proponeva l’assemblea di venerdì significativamente intitolata “La mafia siede ancora a palazzo”. Organizzato presso la Palestra delle Verginelle a Catania, dal partito comunista e dal comitato di gestione della palestra occupata, il dibattito è partito dai rapporti tra il Partito democratico regionale e il governo Lombardo. “Ci potevamo aspettare che ci fosse un pezzo sostanziale di quella che è considerata sinistra a sostenere il governo di Lombardo”? domanda Pierpaolo Montalto, Segretario Provinciale di Rifondazione Comunista. “Quel partito con cui noi abbiamo a che fare, per parte dell’opinione pubblica è sinistra?! Una sinistra che in Sicilia era stata conosciuta per le lotte di Peppino, per Portella della Ginestra per i braccianti di Avola e per tutti coloro che hanno fatto della lotta alla mafia la lotta per i diritti”.
E’ Matteo Iannitti, coordinatore provinciale dei Giovani Comunisti, a introdurre il ricordo di Peppino Impastato, figura conosciuta attraverso il cinema, “Solo dopo ho capito qual era l’attività politica di Peppino e che non possiamo solamente ricordarlo come “compagno” ucciso dalla mafia, ma come un militante di Lotta Continua che come tanti altri si sono posti il problema di fare informazione e di produrre mezzi d’informazione. Ci fu un momento in cui Peppino rimase solo – aggiunge Iannitti – perché quando si dice la verità e si fa una battaglia coerente e seria, si rimane soli”.
Ricordando la figura di Impastato, si torna all’attualità, con la denuncia (con tanto di video) contro la Cgil catanese, accusata di aver impedito a un gruppo di giovani militanti di Rifondazione Comunista di urlare la verità su Lombardo dal palco del comizio della mobilitazione catanese durante lo sciopero del 6 maggio: “La CGIL non chiede le dimissioni di Lombardo come fece con Totò Cuffaro perchè stavolta c’è di mezzo il Pd”, questo è il motivo della “censura” secondo Iannitti che scandisce “La nostra antimafia non è quella della magistratura. Noi dobbiamo continuare con la denuncia frontale. L’abbiamo fatto rispetto a Raffaele Lombardo, Presidente della Regione Sicilia indagato per mafia, e lo facciamo anche di fronte al rettore dell’università di Catania Antonino Recca e alle sue ingiustizie. Non siamo dei poveri illusi, vogliamo seguire le orme di Peppino”.
Quale miglior esempio di lotta alla mafia se non Peppino Impastato, pioniere di un nuovo tipo di antimafia? “Oltre alle classiche battaglie sociali, riusciva ad inventarsi nuovi metodi per coinvolgere la gente come il giornale, le trasmissioni radiofoniche, persino mostre fotografiche contro lo scempio del territorio” – ricorda il fratello Giovanni Impastato. “Nessuno ha tentato di nascondere le radici politiche di Peppino” – aggiunge Giovanni – per lui la lotta di classe era alla base di tutto, però in lui c’ erano e ci sono dei grandi valori umani e sociali condivisi da tutti, indipendentemente dai partiti”.
Marco Benanti, direttore di “Sud”, punta direttamente sui numeri: “Ci sono 3 deputati regionali arrestati, 17 sotto inchiesta per vari reati. Bisogna cominciare dai fatti – aggiunge – definendo tragicomico il “caso Pd”ovvero l’alleanza del Partito Democratico con l’Mpa di Lombardo. Sembra di essere tornati a circa 25 anni fa. Lo scenario per grandi linee è rimasto inalterato, ma nel frattempo è cambiata l’economia mafiosa. Oggi la mafia è un fenomeno finanziario organizzatissimo, i capitali economici si spostano velocemente, il problema è capirne la provenienza”.
Benanti cita i casi de “la Tenutella”, centro commerciale di Misterbianco finito nelle carte dell’Operazione “Iblis” (fra gli indagati anche il presidente della Regione, Raffaele Lombardo), le speculazioni sul fotovoltaico e alcuni centri commerciali come esempi dell’abbraccio fatale tra grandi imprese, criminalità organizzata e politica. “Per combattere la mafia bisogna toglierle il capitale” – chiosa Dario Pruiti (Arci Catania) di ritorno da “La Carovana Antimafie” – sfruttando meglio le leggi che consentono di sequestrare i beni di Cosa Nostra.
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