SU UNO DEGLI ULTIMI BARCONI SOCCORSI NEL CANALE DI SICILIA C’ERA ANCHE UN CADAVERE. IN 48 ORE SONO STATI SOCCORSI 2128 MIGRANTI SU 13 IMBARCAZIONI MA IL FLUSSO NON SI FERMA.
di Mauro Seminara
Le navi della Marina Militare italiana, le motovedette d’altura della Guardia Costiera e le navi mercantili in transito hanno collaborato nel soccorso della più massiccia ondata migratoria da inizio anno. 2128 migranti in appena due giorni. Tra i disperati anche molte donne e minori. A bordo di uno degli ultimi barconi soccorsi è stato rinvenuto anche un cadavere. La Marina Militare, operante nell’ambito della missione militare umanitaria Mare Nostrum, ha predisposto un elicottero per il trasporto d’urgenza della salma e di un altro migrante che accusava una grave crisi respiratoria. La destinazione per entrambi è stata Catania. La crisi respiratoria, secondo la Marina Militare, è da attribuire alla inalazione di vapori di idrocarburi all’interno del barcone su cui viaggiava. Intossicazione da stessa inalazione, sempre secondo la Marina Militare, sarebbe stata la causa di decesso dell’altro migrante.
La Guardia Costiera è stata chiamata all’intervento su altri barconi, uno dei quali, con 268 persone a bordo, aveva eluso la sorveglianza di Mare Nostrum ed era giunto fino a circa dieci miglia nautiche ad est di Lampedusa. Altre motovedette dei soccorritori dipendenti dal Ministero dei Trasporti sono state impiegate per effettuare il servizio taxi dal punto di soccorso fino alla costa sud della Sicilia dove si sono dirette anche le stracolme navi militari. Destinazione Pozzallo quindi anche per la fregata Euro e per il pattugliatore Cigala Fulgosi. Dovranno attendere l’arrivo su terraferma i migranti ancora a bordo di Nave San Giusto, l’anfibia della flotta che funge da centrale operativa della missione e a bordo della quale i migranti vengono anche preidentificati dalla polizia scientifica e dalla task force del Ministero degli Interni. Assenti invece dal centro di prima accoglienza galleggiante gli operatori delle organizzazioni umanitarie che dovrebbero fornire ai migranti le immediate informazioni sul diritto d’asilo in particolar modo. La procedura di soccorso attuata rischia di essere in netto contrasto con le direttive previste dal trattato di Dublino secondo il quale i migranti hanno diritto di chiedere protezione al paese che li soccorre, o in cui giungono, entro le prime 24 ore. Di fatto, una nave militare italiana in acque internazionali è territorio italiano ma a bordo non ci sono le organizzazioni umanitarie del progetto Praesidium finanziato dal Ministero degli Interni.
La gestione della “patata bollente” Lampedusa è inciampata nuovamente nella maldestra assurdità. Il fatiscente barcone con 268 migranti che era giunto alle porte dell’isola è stato soccorso dalla Capitaneria di Porto pelagica. La Prefettura di Agrigento ha disposto il trasferimento dei fisicamente provati migranti mediante la nave di linea che effettua la tratta Lampedusa-Porto Empedocle. Qui però ha avuto inizio un opera liberamente ispirata al teatro dell’assurdo. Per un agevole sbarco dei migranti la soluzione ideale sarebbe stata quella di ormeggiare le motovedette classe 300 della Guardia Costiera al Molo Favarolo, lo stesso di sempre. Dal noto “molo degli sbarchi” alla banchina del porto in cui la nave Laurana attendeva ormeggiata però c’è un bel po’ di strada. Sarebbe stato sufficiente attivare l’ente gestore del centro di prima accoglienza dell’isola perché mettesse a disposizione uno dei suoi pullman e il personale dedicato. Purtroppo l’ente gestore in questione è ancora oggi quella “Nuova Lampedusa Accoglienza” che per il mondo intero sarebbe stata epurata dal Ministero degli Interni a causa dell’ormai leggendaria doccia antiscabbia. Quindi la cosa si complica. La Guardia Costiera – e qui verrebbe anche un po’ da ridere – ha dovuto effettuare un trasbordo di migranti dalle motovedette al portello laterale della nave di Compagnia delle Isole ex Siremar, come se fossero in alto mare.
La tratta che da Lampedusa va a Porto Empedocle viene coperta da nave Laurana in approssimative dieci ore. Un gran bel viaggio se si hanno sulle spalle già due o tre giorni di “carretta del mare”. A pensare che durante la traversata qualche migrante poteva anche morire di fame è stato Don Mimmo Zambito, il parroco dell’isola. Questi, coadiuvato dal viceparroco e dalle suore dell’ordine di Don Morinello, ha provveduto ad acquistare merendine e succhi di frutta in abbondanza presso il più vicino supermercato. Ottenuta l’autorizzazione di salire a bordo della nave ha poi consegnato il contributo di sostentamento ai militari responsabili della sicurezza che hanno accompagnato i migranti. L’incidente ha forse involontariamente fatto notare a “qualcuno” che, a meno che non si volesse offrire un pranzo al ristorante di bordo ad ogni migrante, in qualche modo si doveva provvedere ad evitare che il protratto digiuno si qualificasse come maltrattamento dei migranti. Quindi questo “qualcuno” ha deciso, con sprezzante disinteresse nei confronti delle “indicazioni” ministeriali, di richiedere l’intervento della Nuova Lampedusa Accoglienza. A quel punto la nave della ex Siremar aveva già un ritardo di circa trenta minuti e l’ente gestore riceveva, senza alcun preavviso, la richiesta prefettizia di preparazione di 268 sacchetti da viaggio contenenti panini e acqua. Il ritardo si è ovviamente acuito, e non di poco.
In mezzo a tutto il traffico di navi militari che vanno su e giù per trasferire migranti, se non da Tripoli poco ci manca, fino ad Augusta e Pozzallo, ci si domanda che fine ha fatto il centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa. I lavori sarebbero dovuti terminare per la fine di Marzo ma qualche stipendio arretrato – così sembra – avrebbe fermato gli operai impiegati causando un ritardo di qualche settimana. A questo ritardo andranno poi aggiunti i tempi di collaudi e certificazioni. Forse non sarà agibile per l’intera estate. L’ente gestore è sempre lo stesso. Forse perché se il datore di lavoro è inadempiente non si può certo rivalere sui “dipendenti” licenziandoli in tronco ed è adesso costretto a trattare. Trattativa durante la quale i dipendenti della consortile lamentano lo stato di agonia. In effetti gli va riconosciuto che essere ridotti a “lavorare” 40 ore al mese in una struttura in cui non c’è da lavorare, per giunta in attesa di una possibile disoccupazione totale che potrebbe arrivare da un momento all’altro non è certo gratificante. Saltando la utilissima e strategica Lampedusa ne consegue un enorme sperpero di carburante e ore di navigazione dell’intero dispositivo Mare Nostrum. Una macchina enorme con costi altissimi che, a detta del Capo di Stato Maggiore della Difesa Luigi Binelli Mantelli, avrebbe già esaurito i fondi straordinari erogati e andrebbe avanti con le sole forze economiche della Difesa. Magari basterebbe ottimizzare gli spostamenti.
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