Londra, una conversazione tra amici inglesi e italiani e la scoperta di essere stata definita «mafia girl». Per una siciliana si tratta già di una situazione spiacevole, acuita dalla consapevolezza che a ideare l’appellativo è un compatriota. È accaduto a Francesca Marchese, giornalista catanese, che ha raccontato l’episodio attraverso Facebook: «Mafia girl: ho scoperto che a Londra una persona mi ha chiamato così. Non è inglese, ovviamente. È del Nord est dell’Italia», ha puntualizzato. «Si trattava di una conversazione tra amici, in un contesto informale – spiega a CTzen la giovane – Mi ha colpito proprio questo: la leggerezza e la superficialità grazie alle quali i pregiudizi si diffondono, non solo tra gli stessi italiani ma soprattutto tra una cultura e l’altra».
Ma a colpire maggiormente Marchese è l’autore di quella descrizione: «Mi offenderebbe sentire una cosa del genere da uno straniero, che magari è influenzato dai cliché e non conosce personalmente nessun siciliano, ma mi offende cento volte di più se lo sento da un italiano. So per certo che in questo caso specifico non c’era nessuna volontà denigratoria – precisa la giornalista – non c’era nessun insulto personale».
Una situazione spiacevole che stride fastidiosamente con il background di Francesca Marchese: «Questo tipo non sa neanche che per anni mi sono occupata dell’ufficio stampa dell’associazione antiracket ed antiusura etnea!». Quasi un paradosso, estremamente fastidioso. «Il problema è che questa rischia di essere una consuetudine che passa per normalità – conclude Marchese, determinata – Invece non lo è: a me mafia girl non mi ci chiama nessuno, manco per scherzo!».
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