«Come sarebbe bello essere tutti amici, parlare ogni lingua, leggere dentro al cuore». A fare proprie queste parole, messe in musica e cantate stando all’inpiedi dietro una striscia di cartone che imita la prua di una barca, è un gruppo di bambini provenienti da Paesi diversi. Cantano e si stringono fra loro davanti all’altare della chiesa Casa di preghiera per tutti i popoli, alla Missione Speranza e carità. È il secondo appuntamento organizzato da Biagio Conte in occasione della visita di Papa Francesco, che sarà a Palermo tra meno di un mese e che prevede, fra le tappe, anche quella alla Missione di via Decollati per pranzare con chi, tra quelle mura, trova ogni giorno conforto e aiuto.
«Non muri ma porti». Una frase del Papa che è diventata quasi uno slogan e che in molti hanno sentito di fare propria. In testa, fra gli altri, c’è anche Conte. «Questa frase mi ha ispirato grandemente – dice infatti – Noi dobbiamo aprire questo cuore, dobbiamo accogliere e aprire, perché questa società ha bisogno di risposte concrete e non di disuguaglianze, non egoismo, non indifferenza. Lascio questa società piena di materialismo e consumismo, l’indifferenza mi ha fatto male, l’indifferenza uccide, non aiuta il mondo». E gli occhi sembrano all’improvviso velarsi di lacrime. Ma si trattiene, sfoggia uno dei suoi sorrisi migliori e riprende a parlare. «Insieme dobbiamo costruire un mondo migliore, loro sono i bambini, sono la speranza – dice guardando i bimbi intenti ancora a cantare -, loro sono quelli che ci scuotono la coscienza».
Il messaggio è uno soltanto, e lo ribadisce forte e chiaro: «Abbattere questi muri e aprire il cuore. A chi ci porge la mano lo dobbiamo aiutare, non escludere». Sa bene, malgrado tutto, che non è un compito facile o immediato. Ed è per questo che ribadisce quanto fatto, negli ultimi anni, dal suo impegno e dalla sua Missione. «Nel nostro piccolo abbiamo provato a dare una mano, un contributo. Siamo tutti stranieri in terra straniera, chi è che si può sentire meglio dell’altro? Siamo tutti uguali, siamo il frutto di tanti popoli, lo vediamo, non si può negare la storia né annullarla. Allora insieme credo scopriremo che ha tanti contenuti l’incontro tra popoli, non è qualcosa di negativo, ma è pieno di speranza». E a chi, nonostante gli sforzi di molti e i messaggi anche del Papa, continua ad avere paura dell’altro, sorride ancora e invita a non aggiungere a questa paura ulteriori sentimenti negativi.
«La visita del Papa è un segno di speranza di cui abbiamo tutti bisogno – torna a dire – Se ognuno farà la sua parte, consegneremo a questi bambini che cantano qui oggi e alle generazioni nuove un mondo migliore. Non possiamo più stare fermi, basta essere spettatori, sbracciamoci e diamoci da fare, questo è il nostro messaggio. Diamo speranza a tutti, chi siamo noi per giudicare? Siamo qui per costruire, per aiutare, diamo una mano a rialzarsi a chi è caduto. Sarà dura, ma insieme possiamo affrontarlo. Andare incontro alla verità comporta tanti rischi, ma alla fine la risposta è la verità, e solo quella ci renderà liberi». Ad ascoltare il canto di speranza dei bimbi della Missione c’è anche l’arcivescovo Corrado Lorefice, anche lui in attesa della visita del Papa a settembre. «La sua presenza qui sarà uno di quei segni che resterà indelebile nella coscienza dei palermitani – afferma – Quel giorno riversato su Palermo ci sarà il mondo intero e i segni parlano molto, più delle parole».
E anche lui non si tira indietro e invita all’accoglienza, mentre la nave Diciotti della guardia costiera fa, in queste ore, rotta verso Pozzallo dopo giorni di stop. È rimasta infatti bloccata dal 15 agosto davanti alla costa di Lampedusa, con a bordo circa 117 migranti. Un episodio, e nemmeno il primo accaduto in questi mesi, che ha mobilitato cittadini, giornalisti e intellettuali, che hanno lanciato un appello alle massime cariche dello Stato per sbloccare la situazione. «Non si può mai e poi mai lasciare galleggiare gente sul mare – commenta Lorefice – Ben venga che ci sia un’Europa che si assume le responsabilità, ma non dobbiamo dimenticare che su quella nave ci sono volti precisi».
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