Turismo gay, la guida Usa boccia la Sicilia Ma i gruppi glbt: «Meglio di Roma e Milano»

«Il mondo gay coltiva il bello come essenza stessa della passione ed ecco perché sceglie la Sicilia». Lo diceva nel 2010 l’allora assessore al Turismo della Regione Sicilia Nino Strano. A smentirlo, oggi, è la guida statunitense Frommer’s che, nella sua quinta edizione dedicata all’isola, boccia la Trinacria come meta gay friendly. «Anche se l’Italia dal 1861 ha una legislazione piuttosto liberale riguardo all’omosessualità, la Sicilia rimane una delle maggiori roccaforti dell’omofobia in Europa» si legge sulla guida, tra le più rinomate negli Stati Uniti, con le sue otto milioni di copie vendute all’anno. Meglio andare in vacanza a Capri o nelle metropoli, come Roma e Milano. Colpa dei siciliani, che «manifestano atteggiamenti anti-gay che appartengono al Medioevo». Un’accusa fortemente respinta dalle comunità glbt, sia locali che nazionali.

«Affermiamo con orgoglio di contribuire allo sviluppo del turismo siciliano – dice Giovanni Caloggero, presidente dell’Acrigay catanese – offrendo sempre maggiori attrazioni e motivi per venire sin qui». «La Sicilia, rispetto a tanti altri posti del Sud Italia, è molto più avanti sulle tematiche glbt – gli fa eco Mauro, da Palermo, membro e co-fondatore della comunità ursina degli Orsi Siculi – La Sardegna, ad esempio, vive di turismo ma è molto più indietro di noi». Un’opinione confermata anche a livello nazionale da Daniele Nardini, direttore editoriale di Gay.it, tra le più influenti community omosessuali on line: «Frommer’s ha preso un abbaglio – commenta – Si vede che chi ha dato loro quella dritta non è gay o non è mai stato in Sicilia». «Sull’isola manca solo una cosa: l’impegno da parte delle istituzioni a riconoscere questo mercato e ad investire per la sua promozione all’estero – aggiunge Alessio Virgili, tra gli organizzatori di Expo turismo gay e presidente dell’Associazione italiana del turismo glbt – Ma non ne farei un caso siciliano, perché succede nella stragrande maggioranza delle regioni italiane». Che, secondo Virgili, rinunciano a un indotto stimato in circa 3,2 miliardi di euro «per incompetenza, pregiudizi e ideali antichi».

«Qui abbiamo una lunghissima storia di accoglienza, che viene dalle nostre origini greche», continua Caloggero. Un clima positivo a cui si riferisce anche Nardini, secondo cui «la tolleranza in Sicilia si è andata costruendo negli anni, al contrario delle grandi città italiane che sono rimaste nell’immobilismo». Eppure, secondo Frommer’s, per un turista omosessuale sarebbe meglio andare a Capri o nelle metropoli Roma e Milano. Una scelta ovvia, quest’ultima, perché «si tratta di posti che vivono per gli emigrati – spiega Mauro – Luoghi dove nessuno ti conosce e ci si sente più liberi». Mete turistiche non legate alla stagionalità e con una maggiore offerta glbt, ammette Virgili, «ma non per questo la Sicilia si può considerare una destinazione omofoba». «L’isola ha ben sei comitati arcigay con 25-30mila tesserati, gente che ci ha messo la faccia – ricorda il presidente etneo dell’associazione– Il Lazio invece ne ha solo uno». Senza dimenticare i numerosi episodi di violenza omofoba che nella Capitale si susseguono a un ritmo allarmante da qualche anno a questa parte. «A Catania, invece, solo uno in 15 anni», dice Caloggero.

Anzi, secondo molti, da Roma in giù è la Sicilia la regione meglio attrezzata per il turismo omosex. «Abbiamo due delle strutture tra le più grandi del Sud di proprietà glbt e interamente concepite solo ed esclusivamente per accogliere la comunità glbt», spiega Caloggero. I locali Rise Up a Palermo e Pegaso a Catania. Senza considerare le sette spiagge indicate in diverse guide turistiche come a piena vocazione omosessuale: Fondaco Parrino e Rocce Bianche a Messina, Eloro a Siracusa, Eraclea Minoa e Selinunte ad Agrigento, Calatubo e Sferracavallo nel Palermitano. E l’immancabile Taormina, unica meta gay ammessa dalla stessa guida Frommer’s, se proprio non si potesse fare a meno di visitare la Sicilia. «Un segnale importante – sottolinea Narducci – Perché è fondamentale sapere di potersi prendere per mano o darsi un bacio in spiaggia, senza rischiare di essere aggrediti». Ma non solo. «Ci sono operatori siciliani che organizzano tour o giri delle isole dedicati a questo segmento – spiega Virgili – Negli ultimi anni non sono state poche le iniziative imprenditoriali di tipo turistico rivolte al mercato gay in Sicilia. L’operatore Quiiky, primo tour operator gay italiano, ha come principale fornitore delle sue tecnologie e per la realizzazione di grafiche pubblicitarie un’azienda palermitana composta da etero». «Ma poi qui si mangia benissimo e ci sono tante bellezze storiche e ambientali. Perché il turista, gay o non gay, non dovrebbe venirci? – conclude Mauro – Si rischia al contrario di ghettizzarci. Perché anche noi, come tutti, andiamo a ballare e a mangiare la pizza fuori. Guardiamo pure le partite dell’Italia in tv», ride.

 

[Foto di remuz-Jack the ripper]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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