Truffe assicurazioni, come si scoprono le frodi «Dai testimoni professionisti ai certificati falsi»

La maxi-inchiesta che ha coinvolto alcuni medici catanesi, in combutta – secondo gli inquirenti – con un gruppo malavitoso che farebbe capo ad Antonino Arena, detto Nino ‘u puppittaru, riporta a galla una tradizione criminale etnea, quella delle truffe alle compagnie assicurative. Una serie di reati che assumono quasi sempre la forma di sistema organizzato, con un complesso organigramma di sanitari compiacenti, esecutori materiali e finti testimoni. Uniti dall’unico intento di frodare i privati per ottenere il maggior profitto possibile attraverso il meccanismo dei premi. A raccontare a MeridioNews le principali strategie è un professionista del settore che ha spesso contribuito, con l’aiuto della magistratura, a portare a galla alcuni inganni finiti poi al centro delle cronache del territorio. A partire dai grandi classici come i finti incidenti stradali. «Spesso si simulano incidenti con traumi preesistenti all’evento denunciato – spiega il medico – Per esempio arrivano in pronto soccorso con il ginocchio già rotto, per chissà quale motivo, e si dice che c’è stato un incidente, per poi poter presentare le carte all’assicurazione». 

Un comportamento che, spesso, si unisce a quello complice di alcuni operatori sanitari. Sia medici che infermieri. «Purtroppo pare che alcuni colleghi gonfino le diagnosi, mettendo dei sintomi non veri e facendo quindi un falso ideologico. Per esempio scrivono davanti a un paziente con una vecchia ferita alla coscia, “ferita lacerocontusa dovuta al trauma”, facendo riferimento sempre a un incidente d’auto». Che però potrebbe non essere avvenuto, o non avere causato danni. «Un altro esempio potrebbe essere che scrivono “ginocchio gonfio ed ematoso”, quando invece non c’è nulla. In questi casi – aggiunge – creano quindi quel materiale necessario per dimostrare il nesso causale che è il fondamento per ottenere il risarcimento». 

Un altro dettaglio emerso dalla recente inchiesta della magistratura riguarda gli accessi informatici da parte di personale sanitario non medico che, approfittando dell’assenza del dirigente, si inserisce nella postazione per stampare certificati falsi. «In questi casi è facile accorgersene perché dal triage alle dimissioni passano circa quattro minuti o comunque periodi brevissimi – continua il professionista – È chiaro che in questo tempo è impossibile fare la diagnosi e gli esami, per i quali solitamente passa molto più tempo, tranne per i pazienti gravi». Ma ci sono esempi anche di vigili urbani infedeli che fingono finti rilievi. «Ultimamente è stato arrestato un poliziotto della municipale – spiega ancora – Si è visto che insieme ad altri organizzava falsi incidenti vicino alla rotonda del Cannizzaro, per portare i complici direttamente all’ospedale, senza passare dal 118». 

Ma c’è un caso più eclatante. Quello della stessa persona che realmente si fa male e nell’arco di un paio di giorni si presenta in più reparti d’urgenza di diversi ospedali, fornendo credenziali sempre nuove. «Ho analizzato il caso di un trauma alla clavicola che si è presentato per ben tre volte – spiega ancora il medico – Un fenomeno possibile perché al pronto soccorso non viene mai chiesto un documento d’identità ma solo di fornire le proprie generalità a voce». Per evitare tutto questo le assicurazioni si affidano normalmente alle controperizie di medici interni, al lavoro di investigatori privati, che verificano sul campo se effettivamente il sinistro si è verificato o meno e, infine, a a dispositivi di geolocalizzazione che permettono di capire, in qualsiasi momento, dove si trova una vettura. 

«Ora esistono i sistemi satellitari perfettamente ermetici, impossibili da manomettere, che consentono un risparmio per il cliente ma, contemporaneamente, di individuare con precisione la posizione del mezzo». A Catania, infine, i truffatori si servono dei cosiddetti professionisti delle false testimonianze. Veri e propri compari che prendono una quota del premio assicurativo. «Sono sempre gli stessi, noi li conosciamo – conclude lo specialista – e vanno, per così dire, a prestazione. Prendono poca roba, 50-60 euro a incidente. Il governo tra l’altro ultimamente ha creato un elenco di queste persone, note alla polizia, per evitare di essere fregati più volte». 

Mattia S. Gangi

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