Truffa all’Inps, i finti talassemici con vere indennità «Se ne fregavano di quelli che erano davvero malati»

Dal professionista al disoccupato, trovando nel mezzo non pochi pensionati. È piuttosto variegata la platea colpita dall’odierno blitz della guardia di finanza, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 39 persone per falso e truffa. Furbetti che avevano capito che bastava falsificare un certificato medico che permettesse loro di spacciarsi per talassemici, quando invece erano sani come pesci, per ottenere l’indennità economica che spetta per legge ai lavoratori affetti da questa patologia. Un giochetto che è costato all’Inps l’erogazione di indebite percezioni per 1,4 milioni di euro. Un danno enorme, provocato da un vero e proprio sistema di truffa scoperto dopo due anni di intense indagini. Persone comuni, che percepivano chi uno stipendio chi la pensione. Ma che avevano capito che «bastava una semplice dichiarazione per poter ottenere questo beneficio di legge, fregandosene di chi stava veramente male», osserva il tenente colonnello Danilo Persano, del nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle.

Ma cos’è che ha dato l’input a un’investigazione tanto mirata quanto complessa? «Alcune nostre attività riguardano anche le erogazioni pubbliche, abbiamo una serie di alert che ci indicano dove andare a fare degli accertamenti – spiega il tenente colonnello Persano -. E in questa vicenda abbiamo proprio ricevuto un alert particolare, siamo andati all’Inps e lì gli ispettori stessi dell’ente di previdenza ci hanno confermato le nostre prime ipotesi, anche perché pure loro stavano nel frattempo facendo un approfondimento interno di natura amministrativa, che andava a corroborare le nostre ipotesi investigative. Cioè che c’erano situazioni particolari che necessitavano di un approfondimento». Inizialmente, a mettere in allarme gli ispettori è stata il continuo ricorrere dei nomi di alcuni medici, sempre gli stessi che, più di altri, spuntavano con una certa frequenza nei certificati inerenti alla patologia. «Ma noi dal canto nostro – torna a dire il finanziere – sapevamo che i medici in questione in realtà non avevano mai fatto queste sottoscrizioni. Loro non c’entravano nulla, lo abbiamo appurato, non avevano mai neppure visto nessuna di queste persone».

Questi due dati, incrociati insieme, hanno fatto partire la complessa indagine. E a questi si sono poi aggiunti anche i dati in possesso dell’assessorato regionale della Salute e degli ospedali palermitani, individuando i pazienti che non solo non risultavano iscritti nel registro siciliano delle talassemie ed emoglobinopatie, ma godevano in realtà di ottima salute. Ma se le investigazioni hanno permesso di escludere con certezza il coinvolgimento di qualunque medico, come facevano queste persone a ottenere i certificati necessari per usufruire delle indennità di sorta? «Se li facevano da soli – rivela il tenente colonnello -. Loro facevano leva sul fatto che era una cosa talmente particolare e tecnica che sapevano che fare un tipo di controllo del genere è quasi impossibile. Per fare questo genere di indagine, ad esempio, su 39 indagati (di oltre 50 di partenza) per ognuno devi dimostrare che non è realmente malato, che non va realmente a fare le trasfusioni di sangue, che conduce una vita normale, tutto questo per più di 50 persone controllate per due anni. Quindi hanno ben chiaro il fatto che fare questo genere di attività è molto complesso, solo che hanno trovato chi era più duro di loro e non abbiamo mollato fin quando non abbiamo avuto il quadro completo».

È stato anche disposto il sequestro preventivo per ciascun indagato. Fra i soggetti denunciati ci sono anche due dipendenti dell’Inps, di cui uno attualmente in pensione, con l’aggravante della violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, che ha gestito le relative pratiche. I due dipendenti si erano autoassegnati, direttamente o illecitamente al coniuge, le stesse indennità previste.

Silvia Buffa

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