Nessuna minaccia, solo manie di protagonismo. Potrebbe concludersi così la vicenda della scritta minatoria comparsa lunedì mattina all’interno del mattatoio di Troina, gestito dal consorzio Amp Nebrodi. Con la vernice rossa, qualcuno aveva scritto «Santo t. finirà come Antoci». Il riferimento sembrava essere a Santo Pappalardo, l’imprenditore titolare del sito di macellazione. Ma, a quanto pare, più che il destinatario sarebbe stato il mittente.
Ad ammetterlo sarebbe stato, giovedì sera, lo stesso Pappalardo nel corso di un interrogatorio in commissariato. Davanti agli inquirenti, che da giorni provavano a capire quale fosse l’origine della minaccia, Pappalardo ha finito per confessare quella che sarebbe stata a tutti gli effetti una messa in scena. Sui motivi che avrebbero portato Pappalardo al gesto, però, ci sono ancora diversi dubbi. Gli investigatori, in tal senso, mantengono massimo riserbo, limitandosi a sottolineare che le ipotesi al vaglio sono più di una. A partire, chiaramente, da un eccesso di protagonismo.
Pappalardo, contattato telefonicamente da MeridioNews, non ha voluto rilasciare commenti a margine della vicenda, per cui adesso è denunciato con l’accusa di simulazione di reato, danneggiamento e procurato allarme.
Tra coloro che preferiscono attendere prima di commentare la vicenda c’è proprio Giuseppe Antoci. Il presidente del Parco dei Nebrodi, scampato a un attentato a metà maggio, è di poche parole. «Aspetto di saperne di più – dichiara a MeridioNews -. È una storia strana, per farsi un’idea bisogna capire per quale motivo lo avrebbe fatto». Davanti all’ipotesi che Pappalardo si sia autoaccusato di qualcosa ordinato da terzi, con l’obiettivo di fare arrivare un messaggio ad Antoci, il diretto interessato glissa. «Cose strane ne accadono, non mi sento di escludere nulla», conclude.
Poche ore dopo la presunta intimidazione, Pappalardo aveva dichiarato di non aver mai avuto problemi nella gestione del mattatoio. «Sin dall’inizio ho messo dei paletti: chi vuole venire a macellare qui deve essere a posto con la documentazione, nessuna cazzata», aveva sottolineato l’imprenditore.
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