Trivelle, cosa cambia in Sicilia col nuovo decreto Eni ed Edison avanti nel mare tra Gela e Ragusa

Guerra, ma fino a un certo punto, alle trivellazioni in mare. La battaglia del governo gialloverde – in realtà del Movimento 5 stelle con la Lega che ha però saputo esercitare sufficienti pressioni per ammorbidire il testo – approda oggi al suo ultimo atto: il voto alla Camera dei deputati. Le novità, che coinvolgono anche la Sicilia, sono contenute in un articolo del decreto Semplificazioni. Il testo, dopo gli scontri interni alla maggioranza, è stato riformulato, arrivando a una mediazione: dal momento della pubblicazione della legge scatta per 18 mesi la sospensione dei permessi di prospezione (le indagini geologiche) e di ricerca già rilasciati, così come dell’iter per il conferimento di nuovi permessi di prospezione e ricerca di petrolio e gas. La moratoria, però (a differenza di una prima versione del testo), non vale per i permessi di coltivazione già rilasciati e per le istanze di concessione di coltivazione. Tradotto: chi ha già un’autorizzazione a trivellare può continuare a farlo e il procedimento di chi l’ha chiesta (avendo già superato la fase della ricerca) andrà avanti. Cosa comporta tutto questo per la Sicilia?

Partiamo dalle certezze: il decreto non avrà nessuna influenza sul progetto di Eni dell’offshore ibleo, quello legato a doppio filo alla trasformazione dell’impianto di Gela in Green rafinery. La multinazionale, che ha già il permesso di coltivazione, estrarrà gas a largo di Licata – attraverso i pozzi già attivi Argo e Cassiopea, l’apertura di vecchi pozzi già trivellati ma finora mai entrati in azione, e la trivellazione di quattro nuovi pozzi – e lo porterà fino alla Raffineria di Gela attraverso un gasdotto sottomarino ancora da realizzare. L’investimento previsto è di 1,8 miliardi di euro sui 2,2 totali destinati a Gela. Allo stesso modo la moratoria non tocca il progetto di Edison che ha ottenuto una concessione di coltivazione per la piattaforma Vega B a largo della costa ragusana, tra Pozzallo e Scicli, su cui però il ministero ha chiesto un supplemento d’istruttoria tecnica. 

Altro progetto di estrazione di gas che non verrà fermato è quello denominato Vela 1, a largo di Licata. Qui Eni ha ottenuto il permesso di ricerca e ha recentemente presentato un’istanza di concessione per la coltivazione, bypassando di fatto il blocco che introdurrà il decreto. Su quest’ultimo punto anche il deputato dei Verdi Angelo Bonelli ha sollevato l’attenzione. «Un’istanza di concessione molto discussa – sottolinea – che si trasformerà in autorizzazione a estrarre di fronte le belle spiagge dell’Agrigentino, oggetto di polemiche e contestazioni forti da parte di ambientalisti e pescatori». Bonelli sta portando avanti una battaglia contro il decreto, giudicato ancora troppo permissivo a favore delle compagnie petrolifere, e ha pure presentato un esposto alla procura di Roma perché da due mesi il sito del ministero dello Sviluppo economico risulta in manutenzione, rendendo di fatto impossibile consultare i dati circa il rilascio dei permessi di ricerca, prospezione, delle istanze di concessione e di autorizzazione a estrarre idrocarburi con relative cartografie. «Pensavamo a un blocco temporaneo ma non è così», spiega. 

Un black out particolarmente rischioso. La moratoria infatti scatterà solo dopo la pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale. Verosimilmente solo a fine febbraio. La paura degli ambientalisti è che in questa fase le compagnie si affrettino a trasformare i permessi di ricerca o le istanze di permessi di ricerca (che verranno bloccati dalla moratoria) in istanze di concessione di coltivazione (che invece non verranno bloccate). Massima attenzione quindi su quelli che al momento sono solo permessi di ricerca. Nel mare di Sicilia sono quattro: il pozzo esplorativo Vesta, a sud di Pozzallo, dell’inglese Northern Petroleum; sempre nella stessa zona, a largo di Scoglitti e Portopalo, il gruppo americano Schlumberger ha ottenuto un permesso di ricerca; tra Gela e Licata l’Eni ha in progetto il pozzo esplorativo Lince 1; mentre a largo di Pantelleria l’Audax Energy ha un permesso, ma, non avendo ancora trovato un impianto adeguato, ha ottenuto una sospensione del decorso temporale del permesso. «Decisione anomala – denuncia Mario Di Giovanna, ingegnere di Sciacca, portavoce del comitato Stop alla Piattaforma – perché la sospensione può avvenire per una moratoria come quella proposta adesso dal governo o per eventi di forza maggiore, come calamità naturali, non per inadempienze della compagnia. In ogni caso – continua – con questo decreto diamo altri 18 mesi di tempo ad Audax per trovare l’impianto che gli manca». Ci sono poi altre quattro istanze di permesso di ricerca sul tavolo del ministero: Eni vorrebbe cercare idrocarburi ancora tra Gela e Ragusa (istanze numero d 28 G.R. -AG e d 33 G.R. – AG); la Northern Petroleum a sud-ovest di Porto Empedocle (d 30 G.R. – NP); e Audax Energy nel mare tra Pantelleria e la costa trapanese (d 363 C.R. – AX).

La grande novità introdotta dal decreto del governo è poi la redazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTesai), che dovrebbe avvenire nei prossimi 18 mesi. Uno strumento che l’Italia non ha mai avuto e che mira a individuare in maniera definitiva le aree, a terra e a mare, dove è possibile svolgere attività di prospezione, ricerca e coltivazione. E quali invece – per le loro peculiarità ambientali e idrogeologiche – devono essere escluse. Si fornisce in sostanza una valutazione ambientale strategica che valuta gli effetti cumulativi di tutti i progetti in una determinata area. Sul PiTesai il mondo ambientalista si è spaccato: la piattaforma dei No Triv lo ha sempre sostenuto; Greenpeace e Stop alla Piattaforma sono invece preoccupati, in quanto temono che, qualora venisse redatto male, renderebbe poi quasi impossibile opporsi a singoli progetti presentati su un’area che complessivamente è stata valutata idonea alle trivellazioni.

Salvo Catalano

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