«La dimostrazione dei danni che può creare la ricerca petrolifera». Commenta con queste parole il sovrintendente del mare per la Regione siciliana, Sebastiano Tusa, la notizia della marea nera che si è formata una settimana fa a largo dell’arcipelago Kerkennah. Le isole fanno parte della Tunisia, ma si trovano a 120 chilometri a sud di Lampedusa. All’origine dello sversamento ci sarebbe stato un incidente in una piattaforma off-shore, situata a sette chilometri dalle Kerkennah. Le isole sono conosciute soprattutto per le spiagge mozzafiato: «Da quel che ci risulta – commenta Tusa – la marea si sposta verso nord e dunque verso Lampedusa, ma tutto dipende dal vento. In ogni caso è la prova dei rischi che si corrono puntando sul petrolio».
Per Tusa, che non ha mai nascosto la propria opposizione alle trivelle, l’equazione tra ricerca petrolifera e disastri ambientali non è automatica, anche se c’è bisogno di una profonda riflessione: «Sono attività che danneggiano fauna e flora – continua il sovrintendente del mare -. Nelle Kerkennah, le spugne stanno crescendo sempre più a rilento. Riflessi sul referendum? La volontà popolare va rispettata, ma un governo deve fare scelte chiare: o si sceglie la via del turismo o quella dell’estrazioni petrolifere. Una terra come la Sicilia – sottolinea – non può crescere continuando la ricerca petrolifera, per poi dire di puntare sull’ambientalismo».
A riportare la notizia è anche il portale Greenreport, a cui si rifà anche Legambiente: «È una fonte attendibile – dichiara il presidente regionale Gianfranco Zanna -. Si tratta di un allarme in più, circa ciò che potrebbe un giorno capitare a ridosso delle nostre coste. Non vorremmo che qualcuno adesso trovasse una giustificazione nel fatto che la piattaforma si trova in acque tunisine e che la proprietà non sia italiana». Titolare della concessione a largo delle Kerkennah, stando al portale, sarebbe la Petrofac, una compagnia petrolifera britannica.
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