Trinakant: una musica per ricordare

Sembrano sbucati fuori da un film di Emir Kusturica, ma le loro radici sono legate a due paesi della provincia di Ragusa. I Trinakant provengono da Modica e Ispica e suonano un klezmer moderno, intonando canti e melodie tipici della tradizione ebraica.
Il klezmer (dall’ebraico “kley” e “zemer”, letteralmente “strumento musicale”) è la musica che meglio rappresenta la diaspora ebraica sia in Europa che negli Stati Uniti. Il nome indica la musica prettamente strumentale, utilizzata molto spesso per le cerimonie, matrimoni e feste popolari all’interno dello Shtetl (il tipico villaggio degli ebrei ashkenaziti in Europa centro-orientale).
Nonostante la diversità della cultura italiana da quella ebraica, i Trinakant ripropongono un repertorio ricco di storia. Spaziano dall’ironia sfrenata all’orrore dello sterminio, cantando nella lingua yiddish tradizionale (lingua germanica che fonda le radici sul tedesco medioevale, sull’ebraico e aramaico, ma influenzata di volta in volta dalla cultura del luogo, polacca, russa, romena, ecc.).
Di ritorno da Cracovia, dove si sono esibiti per la Giornata della Memoria in onore delle vittime della shoa, eccovi la loro esperienza raccontata a Step1 dal contrabbassista Giovanni Blanco.
 
Chi sono i Trinakant e da dove nasce la voglia di suonare il klezmer?
I Trinakant, letteralmente “cantori dalla trinacria”, sono una formazione nata nel settembre 2005 con l’intenzione di riproporre la musica, la cultura e le tradizioni della storia ebraica, in particolar modo quella chassidica dell’est europeo. Il tutto nasce dalle ricerche effettuate una decina di anni fa dal maestro Gianluca Campagnolo, il quale ha ricostruito un archivio di testi e spartiti klezmer avvalendosi della collaborazione di musicisti tra i quali Giorgio Cannizzaro, Dario Adamo e Sergio Spatola. Il progetto Trinakant Klezmer Band assume poi una chiave etno-jezzistica, ad opera di Sergio Battaglia, Sergio Spatola, Peppe Sarta, Giovanni Blanco, Carmelo Garofalo e Salvatore Puma.
 
Cosa intendete esprimere con la vostra musica?
Il senso dolente della diaspora ebraica, da cui emergono istanze di speranza. Da qui il carattere vario, contrapposto e in un certo senso complementare dei brani: a volte mesti a volte allegri.
 
Siete stati invitati ad esibirvi a Cracovia, in occasione della giornata della memoria. Da dove è nata questa occasione importante?
La grande occasione ci si è presentata dopo un concerto a Specchia nell’estate del 2008, dove siamo stati notati da Federico Gamberini, operatore di spettacolo per la provincia di Milano. Così il Ministero della Cultura ci ha commissionato questo importante spettacolo in occasione della Giornata della Memoria. Ci siamo esibiti al teatro “La Rotunda”, a Cracovia, lo scorso 26 gennaio davanti ad un pubblico composto da circa 650 giovani.

Una vera responsabilità, quindi, rappresentare l’Italia all’estero. Come ha reagito il pubblico nel vedere un gruppo italiano interpretare i classici del klezmer?
Sicuramente il dover rappresentare l’Italia all’estero è stato per noi un grande onore accompagnato da un forte carico di responsabilità: non ti capita mica tutti i giorni! Ma l’apprensione che percepivamo per l’evento p stata smontata, sin dalle nostre prime note, dal calore e dalla partecipazione di un pubblico veramente fantastico, composto per lo più da giovanissimi, che ha apprezzato la scelta dei pezzi e degli arrangiamenti, lasciandosi trascinare dalla musica e dalle danze. Lo stesso pubblico ha condiviso con noi, durante il concerto, le forti emozioni vissute la mattina durante la visita ai campi di concentramento di Auschwitz Birkenau. Una visita che ha cambiato il nostro modo di percepire e suonare il Klezmer.

Esibirsi a Cracovia, per un gruppo klezmer, è come suonare a New Orleans per una jazz band. Quali emozioni ha suscitato in voi questa esperienza?
Azzeccatissimo il paragone. In effetti buona parte dei brani da noi riarrangiati e suonati ha le proprie origini a Cracovia, come tanti grandi pezzi della tradizione klezmer. Inoltre, avere la possibilità di andarsi a confrontare musicalmente con una città ed una cultura che sente sua la musica e la tradizione ebraica è stata per noi un’occasione unica ed esaltante.

E adesso? Quali sono i vostri progetti futuri?
I progetti per il futuro sono tanti e davvero molto ambiziosi, ma siamo convinti che il tempo ci darà la possibilità di raccogliere i frutti del nostro lavoro. Il prossimo obiettivo è la realizzazione di una nostra opera discografica, che è stata subito messa in cantiere dopo il nostro ritorno da Cracovia. Non possiamo anticipare altro, ma possiamo – se andrà tutto bene – rimandarvi a giugno con l’uscita del nostro cd, all’interno del quale vi riserveremo non poche sorprese.

Fabio Pitino

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