TRIBU’ DI ZAMMU’/ In nome di tutti

Sono Mario Cicala, studente della Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania da pochi giorni insediatomi in Senato Accademico al posto di Gino Condorelli, eletto nella lista “Studenti Uniti nell’Ulivo”.

Intervengo in merito al dibattito sollevato dal discorso, pronunciato dalla rappresentante degli studenti Giulietta Romeo, durante l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2005’06.

Premetto innanzitutto che non mi pongo in una contrapposizione pregiudiziale nei confronti di alcuni aspetti di quel discorso.
Essendomi insediato da pochissimo tempo, ho ascoltato per la prima volta quel discorso l’11 Febbraio e non so se esso sia stato concordato con altri rappresentanti degli studenti in Senato. Se così non fosse avvenuto, reputo una grave mancanza questo atteggiamento, perché quel momento sarebbe dovuto essere esemplificativo delle varie posizioni presenti tra gli studenti. Ciò che ritengo più grave in quel documento è la difesa d’ufficio nei confronti della “Riforma Moratti” a nome di tutti gli studenti.

Nonostante sia iscritto ai DS da molto tempo, sulla “Riforma Zecchino” io ho sempre espresso un posizione critica, ma costruttiva. Nella consapevolezza di chi crede che l’autonomia sia un valore se assistita da regole precise, e che le istituzioni non possono essere radicalmente riformate ogni volta che si cambia un governo. Per questo a volte servono dei provvedimenti mirati a migliorare la struttura già esistente. Bisogna riconoscere gli errori compiuti nell’aver introdotto frettolosamente una riforma a costo zero per molti aspetti incompleta, priva di strumenti di governance, con delle classi di laurea troppo schematiche e in un mondo non abituato al cambiamento. E’ innegabile che in molti casi ci sia stata la tendenza a creare Corsi di Laurea privi di una forte organizzazione e di un  legame con ciò che il territorio offre. Per tanti anni si è discusso del CFU come unica causa di tutti i mali, sottovalutando l’errore umano e la possibilità che si potesse in parte “riformare la riforma”. Oggi gli Atenei dovrebbero mirare a investire sulla Didattica, riordinare i Piani di Studio, monitorare i Corsi che ha creato e  creare un offerta differenziata e di prestigio. Incentivare la nascita di Corsi di Laurea Specialistica, rispetto a un numero minore di Corsi di Laurea di Base che in molti casi potrebbero essere gestiti da più Facoltà insieme in modo tale da risparmiare risorse. Fare delle scelte chiare.

La riforma a “Y” tenta di dare un risposta soltanto ad uno delle tante questioni ancora aperte. Il lavoro del Ministro, in questa riforma, si è concentrato soltanto sul triennio di base. Sostanzialmente reputo eccessivo dire a nome di tutti gli studenti che essi “non possono che plaudire a questo tentativo”. In cinque anni il Ministro Moratti avrebbe sicuramente potuto fare di più, ma fortunatamente non è andata oltre. Questo Governo infatti non ha perso tempo a farci capire quale sia stato il proprio concetto di “Università come Risorsa”: una risorsa da prosciugare poco a poco, riducendo costantemente i Fondi per il Funzionamento Ordinario per l’Università, quelli destinati alla Ricerca e abbandonando la politica del Diritto allo Studio. Come fare a difendere un’Università inclusiva quando gli idonei non assegnatari delle Borse di Studio sono così tanti? Quando le case dello Studente non bastano ad accogliere tutti coloro che ne hanno bisogno? E come fare a calmierare gli affitti in nero in una città che di questo problema sembra fottersene? Oggi più che mai il concetto di Diritto allo Studio deve coinvolgere più
Soggetti. E’ necessario che gli enti locali siano partecipi ai progetti universitari, alla vita degli studenti che ogni giorno rappresentano un risorsa per questo territorio.  L’Università dev’essere parte del territorio, integrata ad un sistema di servizi efficiente.

Definire “La Riforma dello Stato giuridico dei Docenti e dei Ricercatori Universitari” come l’adozione di un sistema meritocratico, mi sembra l’effetto di una diversa concezione di meritocrazia. Per me alla base del  concetto di meritocrazia  c’è l’idea di pari opportunità di accesso e di libera espressione delle proprie capacità. C’è qualcuno che pensa davvero che questa riforma metta il giovane ricercatore nella condizione di avere fiducia nel proprio futuro? Questo “riordino” relega il “ricercatore”in una posizione di elevata precarietà e subalternità, che di certo non lo metteranno in condizione di lavorare serenamente. E’ forse questo il modo per evitare la tanto chiacchierata fuga dei cervelli? L’introduzione di un concorso centralizzato non ridurrà gli accessi agevolati, cambieranno i centri decisionali, ma non le logiche. Un riordino dello stato giuridico di docenti e ricercatori dev’essere affiancato ad una seria discussione sulla riforma degli ordini professionali, sul reclutamento sull’investimento in Ricerca e Sviluppo.

Concludo dicendo che mi sembra fuori luogo che a una critica da parte di uno studente o a un articolo di giornale risponda l’intera direzione provinciale di Azione Giovani. In questo modo non si è fatto altro che confermare il dubbio che quell’intervento rappresentasse soltanto una parte politica. Sono iscritto anch’io ad un partito, ma quando si ha la pretesa di parlare a nome di tutti gli studenti si dovrebbe davvero tentare almeno di rappresentarli tutti.

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Redazione Step1

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