Si chiama Amirul Islam, è originario del Bangladesh, vive in Italia da sedici anni e per mestiere fa il venditore ambulante di cartine e filtrini per tabacco già da tre. Lavora nelle strade della movida catanese, aggirandosi tra le vie che di notte si riempiono di studenti universitari, liceali e turisti. Per tutti è più semplicemente Tre pacchetti un euro, un soprannome di cui va fiero e che lo ha trasformato in uno dei personaggi più noti di piazza Teatro Massimo. Una popolarità figlia della della sua simpatia e dello slogan con cui accompagna la vendita degli articoli per fumatori. E che ha indotto il titolare di un negozio di abbigliamento della zona – Francesco Indelicato, per i catanesi Ciccio Kaioh – a dedicarli su Facebook una fanpage che in poco tempo ha raccolto quasi 14mila seguaci. Nel frattempo, alcuni writers hanno trasformato il suo volto in un’icona, disegnandolo in bianco e nero su due pareti di via Montesano e via Landolina. E Amiral, che si diverte molto nei panni della star, in occasione del suo ultimo viaggio in Bangladesh ha stampato centinaia di bigliettini da visita con su scritto «3 pacchetti un euro, dalle ore 21 alle tre».
«Come posso chiamarti?», gli domandiamo. «Io sono per tutti Trepacch’», risponde Amirul. Che ci racconta la sua storia, fatta di viaggi alla ricerca della fortuna e di una continua «battaglia contro i soldi che sono pochi», dice. Più della metà di quelli che guadagna nell’arco di un mese li spedisce infatti alla sua famiglia – ha una moglie e due figli maschi – che vivono In Bangladesh, mentre per lui conserva «il giusto necessario per pagare l’affitto, il cibo e le medicine». Mettendo da parte qualcosa per andarli a trovare «almeno una volta ogni tre anni perché per fare andata e ritorno ci vogliono più o meno cinquemila euro». Affetto dal diabete da sempre, a diagnosticarglielo sedici anni fa sono i medici dell’ospedale di Udine, la seconda tappa del suo viaggio che dall’Asia l’ha portato in Italia. Nel Belpaese è arrivato a Roma nel 2000 ma si è subito trasferito a Udine dove ha trovato lavoro in una fabbrica come saldatore a filatura continua. Ma meno di dieci anni dopo l’impresa avvia il processo di fallimento, Amirul finisce in cassa integrazione e successivamente viene licenziato. A quel punto, un connazionale lo invita a Catania «per le diverse opportunità di lavoro», sottolinea.
Una volta giunto nel capoluogo etneo, ad attenderlo c’è la vita da venditore ambulante di rose. «Non guadagnavo molto in quel modo ma se non l’avessi fatto non sarei diventato Trepacch’», racconta. Perché «una sera del 2013, mentre cercavo di vendere una rosa a una coppia in piazza Università, una ragazza mi ha consigliato di lasciare perdere i fiori e di iniziare a vendere accendini, cartine e filtrini a un prezzo conveniente». Passa poco tempo e Amirul si organizza di conseguenza: «Tre pacchetti a un euro sono imbattibili», ride. Così oggi, dopo ormai tre anni di attività, in una sera riesce a venderne anche cento, lavorando dal lunedì al venerdì. «E mi diverto moltissimo, soprattutto a parlare con le persone, a ridere con i ragazzi, anche con quelli che a modo loro mi prendono in giro», precisa. «Ci sono pure gli zaurdi o quelli che mi tirano la barba ma io prendo tutto con filosofia», continua. Una simpatia che non riserva invece a molti connazionali che lo imitano e propongono agli avventori etnei le sue stesse offerte. «Mi vogliono copiare e non è giusto perché di Tre pacchetti un euro ce n’è solo uno e sono io».
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