La realtà non passa da qui, c’è spazio solo per la propaganda. Verrebbe da pensarlo all’interno dell’aula consiliare di Gela, piena di autorità istituzionali per presentare il progetto di potenziamento infrastrutturale e tecnologico della linea Canicattì – Gela – Comiso. Fuori, una camionetta della polizia e una dei carabinieri attendono invano i No Muos che, forse come spauracchio, hanno nei giorni precedenti manifestato l’intenzione di esserci e contestare, come molte altre volte, il presidente della Regione Rosario Crocetta. Dopo le polemiche sul quasi azzeramento dei treni a lunga percorrenza, Rete ferroviaria italiana (Rfi) presenta proprio nella città che ha dato i natali a Crocetta un intervento da 35 milioni di euro per un tratto lungo 119 chilometri, che interessa 12 Comuni e tre province, per un tempo di percorrenza tra i due capolinea (Canicattì e Comiso) che si assottiglia da due ore e due minuti a un’ora e 40 minuti. Tanto per dare un’idea, la distanza tra le città di Gela e Comiso verrà ridotta dagli attuali 65 minuti a 55 minuti, con una velocità media di 44 chilometri orari. Col pullman ci metti lo stesso tempo e con l’auto ancora meno.
A questo servono dunque un rinnovo dei binari del 63 per cento, le novemila tonnellate di ferro necessarie e i 150mila chilometri di pietrisco fornito dalla cava di Bicocca? Eppure dai toni e dal peso dei relatori sembra di assistere alla presentazione di una grande opera. Il saluto del sindaco di Gela Angelo Fasulo, che ha ricordato l’importanza dell’aeroporto di Comiso, è stato solo il preludio. L’assessore alle Infrastrutture e mobilità Giovanni Pizzo ha esordito dicendo che «intanto si stanno spendendo davvero i soldi». Per poi ricordare «il lavoro sulla Sicilia sudorientale, per valorizzare l’agroalimentare in maniera integrata». Il riferimento alle merci è l’unico che verrà fatto nel corso dell’incontro. Nessun accenno ai pendolari e ai disagi che ogni giorno devono affrontare, per esempio, gli utenti della linea Siracusa-Ragusa-Gela, definita da Legambiente nel rapporto Pendoliaria 2014 la quarta peggiore tratta d’Italia.
Certo, il trasporto rinnovato sarà utile per i collegamenti con l’aeroporto Pio La Torre (citato da tutti i presenti) anche se non è chiaro il modo, visto che la stazione di Comiso non verrà interessata dai lavori. L’idea è di eliminare le interferenze stradali, cioè togliendo molti dei 46 passaggi a livello al momento esistenti. «È un segnale concreto di inversione di tendenza – afferma il presidente di Rfi Dario Lo Bosco – La Sicilia è sotto il profilo geografico una piattaforma naturale. È incredibile pensare come un progetto concepito l’anno scorso partirà a marzo 2015 per terminare entro l’anno, così come previsto dallo Sblocca Italia».
Presente pure il presidente Enac, Vito Riggio, che prima ha ammonito che «le infrastrutture in sé non determinano sviluppo», poi ha ricordato che «la scelta di questo potenziamento va contro le pure logiche di mercato. Stiamo collegando gli aeroporti con i trasporti attraverso la creazione di due poli: da una parte Catania-Comiso e dall’altra Palermo-Trapani. Al momento i passeggeri sono quasi 15 milioni, l’obiettivo è di arrivare ai 20 milioni nel 2020». La conclusione è stata affidata ad una battuta che tanto battuta non è: «Ormai i siciliani si muovono quasi del tutto in aereo». E su gomma, aggiungiamo noi. Non certo in treno, specie a queste condizioni.
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