Dopo la scena muta davanti ai carabinieri che lo hanno bloccato, A. C. ha ammesso lo stupro davanti al giudice. Per lui la magistrata Alessandra Tasciotti ha chiesto la custodia cautelare in carcere. Mentre l’avvocato Luca Sagneri, nominato d’ufficio a difesa del 26enne, vorrebbe gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Si è tenuta questa mattina l’udienza di convalida per il fermo dell’uomo che, nella notte tra lunedì e martedì, ha aggredito e violentato una dottoressa di 51 anni in servizio alla guardia medica del Comune di Trecastagni. Il ragazzo avrebbe ammesso il fatto, che sarebbe stato commesso in uno stato mentale alterato dall’alcol e dai medicinali presi per combattere il dolore di un ascesso. «I suoi ricordi sono però piuttosto offuscati per via della combinazione tra farmaci e alcolici. Non sa dire perché è accaduto, sostiene che in quel momento non era in sé», spiega a MeridioNews il legale Sagneri.
Il giovane, che viveva a Trecastagni, si sarebbe presentato nel presidio sanitario intorno alle 23.30. Dopo una breve visita gli sarebbe stato somministrato un antidolorifico e a quel punto sarebbe cominciata la violenza. Durata diverse ore. La dottoressa ieri sera è tornata a casa, dopo una giornata trascorsa all’ospedale di Acireale per tutti gli accertamenti medici. Dopo le prime dichiarazioni ai carabinieri acesi, quella stessa notte, non sarebbe ancora stata sentita di nuovo. «Sono stata con lei ieri sera – dice la portavoce della famiglia, la giornalista Francesca Guglielmino – Adesso, chiaramente, oltre allo choc si fanno vivi anche i dolori fisici dovuti all’aggressione».
La medica avrebbe raccontato ai familiari che l’aggressione sarebbe cominciata all’interno della sala visite, «in cui, per motivi di privacy, non sono installate le telecamere di sorveglianza». Che invece sono presenti all’ingresso e nell’anticamera. I video sono stati acquisiti dai carabinieri di Acireale, che stanno seguendo le indagini. «In quella stanza c’è una porta blindata – continua Guglielmino – che dovrebbe servire per motivi di sicurezza e che invece si è trasformata in uno strumento di prigionia». Durata fino alle 2.30 del mattino, quando «la dottoressa si è accorta di un momento di distrazione dell’aggressore ed è riuscita a uscire dalla stanza e a urlare per farsi sentire dai vicini.
Lui, però, sarebbe riuscito ad afferrarla di nuovo. «Le ha detto che l’avrebbe ammazzata se provava a scappare», prosegue la portavoce. Come anticipato da MeridioNews, risulta confermato che A. C. si è presentato in ambulatorio altre volte prima di quella sera, motivo per il quale la professionista lo avrebbe riconosciuto. Così come è confermata la denuncia passata, a carico del giovane, per maltrattamenti in famiglia: a formularla, circa un anno fa, sarebbero state la madre e la zia. Il 26enne, però, non è pregiudicato e non ha carichi pendenti. Era noto per problemi di alcolismo a seguito dei quali, in passato, gli sarebbe capitato di perdere il controllo. Senza arrivare – almeno allo stato attuale delle indagini – ad aggressioni fisiche.
«La vittima aveva già segnalato in passato le condizioni di poca sicurezza nelle guardie mediche – aggiunge Francesca Guglielmino -. In questa circostanza il telefono e il pulsante di chiamata immediata al 112 sono stati danneggiati subito, ma comunque anche quella non è una soluzione: partita la telefonata bisogna comunque dire dove ci si trova e spiegare cosa accade, e in certi momenti non è chiaramente possibile farlo». Come due notti fa a Trecastagni. «Le dottoresse dicono che è prassi portare dei parenti con sé e l’Asp è perfettamente a conoscenza di questo meccanismo – conclude – La professionista che è stata violentata non aveva mai portato familiari per sentirsi più sicura, aveva sempre rispettato le regole. È chiaro che adesso bisogna interrogarsi sull’approccio al problema».
Proprio su quest’ultimo punto è intervenuta la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che ha annunciato l’invio degli ispettori per controllare le condizioni di lavoro del personale sanitario. Un suggerimento per migliorarle viene dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici: «Qui non si tratta di prendere provvedimenti sul caso specifico – ha dichiarato la presidente Roberta Chersevani -, ma di ridisegnare, con interventi strutturali e di sistema, l’intero servizio di guardia medica e di mettere finalmente in sicurezza i nostri professionisti». La proposta è di spostare gli ambulatori all’interno dei commissariati di polizia e delle caserme dei carabinieri dislocate sul territorio.
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