Mentre il procuratore di Palermo, Antonio Ingroia, annuncia che, entro un mese, si dovrebbero concludere le indagini sulle trattative Stato-mafia, con gli eventuali eventuali rinvi a giudizi, e mentre, nel corso di una intervista rilasciata a Libero ribadisce le sue accuse al senatore Marcello dell’Utri (“Cosa nostra ha guadagnato denaro grazie a Dell’Utri, estorcendo denaro a Berlusconi’, dice Ingroia”), scoppia una nuova pesante polemica su una delle pagine più buie della storia repubblicana (ne abbiamo parlato nei giorni scorsi con Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio nel 1992, in questa intervista).
Nell’occhio del ciclone, oggi, c’è Luciano Violante, per il quale viene sollecita un’audizione dinnanzi alla Commissione parlamentare Antimafia: “‘Luciano Violante, nell’intervista a Il Foglio, fornisce un’interpretazione calmieratrice, del tutto sconcertante, sulle stragi di mafia del 1992-1993 e sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia” dice il senatore Pdl, Raffaele Lauro, componente della Commissione “la sua tesi ‘e’ basata su due assiomi, non condivisibili: l’indimostrabilita’ di eventuali responsabilita’ penali e la ricerca della verita’, affidabile esclusivamente alla ricerca storica o alla polemica politica. Ne discenderebbe una duplice inutilita’: le attivita’ della magistratura di Palermo e l’inchiesta della commissione antimafia, da trasformare in un comitato di storici e di sociologi. Al contrario, l’antimafia deve accelerare i suoi lavori di inchiesta, attraverso molte audizioni, anche di soggetti gia’ auditi, come Violante’.
Cosa aveva detto Violante? “Di Pietro, Grillo, Travaglio e parte del suo giornale sono un unico blocco politico-mediatico che gioca con il disagio popolare. Sulla eventuale trattativa Stato-mafia si deve indagare; ma alcune utilizzazioni delle indagini giudiziarie sono inquietanti, penso al tentativo di aggredire il Quirinale” ha detto l’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia, in un’intervista a ‘Il Foglio’.
“Una parte del mondo giudiziario -aggiunge Violante- e’ oggi utilizzata a mo’ di clava all’interno di un progetto distruttivo. Quando andai dal dottor Ingroia a Palermo ebbi l’impressione di un ufficio giudiziario ‘priogioniero’ dei mezzi di informazione”. Entrando poi nelle vicende degli ultimi giorni che hanno visto chiamati in causa il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, “se un Presidente della Repubblica, garante costituzionale dell’equilibrio tra le istituzioni, non avesse chiesto formalmente al Procuratore generale di valutare l’ooportunita’ di un coordinamento tra le indagini svolte da uffici diversi, in un caso che coinvolgeva un ex ministro dell’Interno in ragione del suo ruolo, sarebbe venuto meno ad un suo dovere”, spiega l’ex presidente della Camera.
“Si e’ tentato di montare uno scandalo. Mancino -afferma ancora Violante- e’ un politico navigato, ma e’ un uomo ingenuo, nel senso migliore del termine. E infatti ha fatto esattamente il contrario di quello che avrebbe fatto un politico scaltro, capace delle manipolazioni di cui e’ sospettato. Lui era angosciato dall’idea di essere trascinato in un crimine al quale era estraneo. Non si possono confondere i comportamenti di un onesto uomo di Stato sotto pressione psicologica con degli indizi di colpevolezza”.
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