Trapani, nessuno tocchi il Lazzaretto

Lazzaretto nostro. Tutto l’amore dei trapanesi per l’imponente complesso che sorge su quella che era una volta l’isola di sant’Antonio sta in quel “nostro”. Perché i trapanesi quando devono dimostrare l’affetto nei confronti di qualcuno o qualcosa – il senso di appartenenza come smisurata testimonianza dell’amore – eccedono nell’uso degli aggettivi possessivi.

Costruito agli inizi del XIX secolo per volontà del tenente generale Giovan Battista Fardella, al quale è intitolata l’arteria più importante della città, il Lazzaretto – oggi sede della Lega Navale – aveva la funzione di ospitare gli equipaggi delle barche sospette per sottoporli a quarantena prima del loro ingresso in porto. L’ultimo uso sociale della struttura risale alla metà degli anni ’70 quando la città venne colpita da una terribile alluvione: le mura imponenti del lazzaretto offrirono riparo agli sfollati.
Oggi, a causa del minaccioso patto di stabilità (entro fine anno i conti del comune devono essere messi a posto), l’impellente necessità di fare cassa ha portato l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Vito Damiano a inserire il lazzaretto tra i beni alienabili del comune nel Piano delle alienazioni 2012-2014, approvato dal Consiglio Comunale del capoluogo a fine settembre scorso. Non è ancora pronto il bando, ma la struttura simbolo della città sarà messa in vendita per una cifra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 12 milioni di euro.
Nella destinazione d’uso – secondo le linee guida dell’amministrazione – è previsto l’utilizzo per attività ricettive e turistiche, senza però violare il vincolo dell’interesse storico ed artistico che tutela il bene. Una nota dell’amministrazione parla di «..,“restituzione” alla città di un bene, finora poco fruito, che se lasciato nelle attuali condizioni rischia irrimediabilmente di perdersi.»

In pratica, la linea della giunta Damiano prevede la vendita del lazzaretto ai privati per attività ricettive e turistiche pur mantenendo la “fruizione collettiva e pubblica finalizzata al perseguimento dello sviluppo.” Una leggera contraddizione negli intendimenti della giunta che il comitato cittadino costituito per dire no alla vendita del lazzaretto ha immediatamente contestato:

«Apprezziamo i “limiti” entro i quali il compratore dovrà muoversi … ma crediamo poco alla storia della vendita intesa come “restituzione” alla città. A Trapani si dice : ‘Cu vinne, svinne’ (chi vende, svende).»
C’è poi una norma di legge che vieterebbe la vendita del bene. Il D.P.R. n.283/2000 considera inalienabili i beni culturali di interesse particolarmente importante. Nel regolamento comunale per l’alienazione del patrimonio immobiliare dell’Ente del Comune di Trapani, il lazzaretto rientra appunto tra i beni di interesse storico ed artistico. Insomma, con la messa in vendita del lazzaretto il comune sconfesserebbe i propri regolamenti interni.
Da un lato la necessita di soldi maledetti e subito, dall’altro l’affetto dei cittadini verso un luogo simbolo della città. Intanto la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali è al corrente di tutta la vicenda. A Trapani la battaglia per il “Lazzaretto nostro” sembra essere solo all’inizio.

 

Franco Cascio

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