Neanche un mese fa si era parlato di tregua – anche se per interposta persona e apparente – oggi, invece, tra Rosario Crocetta e Davide Faraone sembra tutto tornato come prima. Tra accuse, prese di distanza e stilettate che tengono poco in conto del fair play. L’ultima disputa tra il presidente della Regione e il sottosegretario all’Istruzione del governo Renzi riguarda i compensi percepiti. Nessuno ha fatto riferimento alla viltà del denaro né si è spinto a parlare di sterco del demonio, ma entrambi si sono ben guardati dal fare un vanto delle proprie indennità. Tattica che – in tempi di spending review, attacchi alla casta e spauracchio grillino – risulta quasi obbligata.
La prima stoccata è stata di Faraone. «In Sicilia, nonostante le resistenze per non fare passare in alcun modo il vento delle riforme nella nostra isola, non fosse mai che qualcosa cambiasse per di più in meglio per i cittadini – ha scritto il sottosegretario su Facebook -, con la riforma costituzionale le cose cambieranno in termini di semplificazione e risparmio. Volenti o nolenti». Frasi che sembrano qualcosa in più di uno spot al referendum di ottobre. «Per la prima volta, finalmente, avremo un presidente della Regione che non guadagnerà più di Renzi, Putin, Rajoy», ha aggiunto Faraone, quantificando i risparmi in materia di spese per burocrazia e politica regionali.
Dura, nel pomeriggio, la replica di Crocetta. «Davide Faraone? È stato eletto con la tesserina della cassa mutua. Se lo scontro dovesse essere tra me e lui non ci sarebbe partita, starebbe a lamentarsi per altri cinque anni», ha attaccato il governatore, alludendo alla possibilità di trovarsi come sfidante lo stesso sottosegretario alle prossime elezioni regionali. Riguardo ai soldi percepiti, il presidente ha poi sottolineato che «Faraone da deputato regionale godeva a pieno dei privilegi e guadagnava più di Obama: non mi risulta che all’epoca abbia rinunciato a quei soldi».
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