Totò Cascio e l’amicizia con l’eterno ragazzo della tv «Fabrizio Frizzi era l’amico che tutti vorremmo avere»

«Era l’amico che tutti vorremmo». Non smette di ripeterlo, Totò Cascio, ripensando a Fabrizio Frizzi, il noto conduttore scomparso prematuramente ieri. I loro destini si erano incrociati quasi trent’anni fa, poco dopo il successo della pellicola di Tornatore che aveva consacrato alla storia il piccolo protagonista di Nuovo Cinema Paradiso. Aneddoto dopo aneddoto, regala di lui un ricordo intimo e personale che racconta di un rapporto costruito nel tempo, che è saputo andare ben al di là delle avventure lavorative. Compresa quella intrapresa insieme all’inizio degli anni ’90 che ha portato i due a incidere un 45 giri intitolato L’Orso. «Pensavamo potesse diventare un inno per i mondiali di quell’anno, ma la canzone è andata malissimo, credo che neppure i nostri parenti abbiano comprato una copia», scherza Totò.

«Dopo il successo di Nuovo Cinema Paradiso Michele Guardì, con cui è anche nata un’amicizia, mi invitava spesso alle sue trasmissioni, una fra tutte Europa Europa, è così che ho conosciuto Fabrizio – racconta -. Erano entrambi innamorati della musica, da qui l’idea di incidere quel brano. Un’esperienza divertente e importante soprattutto dal punto di vista personale e umano più che professionale, alla fine». Tra loro nasce subito quello che poi sarà un rapporto quasi trentennale, fatto di tanti momenti condivisi, soprattutto a telecamere spente. Come le partite insieme allo stadio la domenica pomeriggio o quell’invito a partecipare al suo matrimonio con Rita Dalla Chiesa.

Si vedono poco, complice la distanza geografica e i tanti impegni di entrambi, ma i contatti restano costanti. «L’ultimo messaggio me l’ha mandato il 15 febbraio, voleva rassicurarmi. Mi ero preoccupato quando avevo saputo del malore. “Spero che andrà tutto bene” mi aveva detto, poi non l’ho sentito più». Non c’è un’ombra, nessuna piega nella voce di Totò. Il suo dolore per l’amico è composto, pieno di dignità. «Lo guardavo tutte le sere all’Eredità…Davvero, non me l’aspettavo. Ci sono rimasto parecchio male», confessa. «Un bravo ragazzo – ripete come fosse un tormentone -. Questo era, un bravo ragazzo. Umano, generoso, non ci vedevamo spesso, ma ci scambiavamo dei messaggi, eravamo uniti in qualche modo».

Una persona diversa rispetto a quelle a cui la televisione ci ha abituati in questi anni, specie negli ultimi. «Qualcuno di cui potersi fidare, su cui fare affidamento, su cui contare sempre. Mentre il mondo dello spettacolo oggi va in un’altra direzione, fatta di esibizionismo e davvero poca realtà – riflette Totò -. Lui era vero e quando rideva lo faceva con spontaneità, perché lo sentiva davvero. Non ci credo che finisca tutto così, si nasce e poi si muore, va bene, ma credo ci sia qualcos’altro dopo. È per questo che preferisco continuare a pensarlo al presente, come se in un certo senso continuasse a vivere».

Fra i ricordi più cari resta anche una telefonata del 2006, ricevuta a pochi giorni dal festival dedicato ai premi della televisione e dello spettacolo, il Telegatto: «Ero stato invitato alla puntata condotta dalla Carrà e da Scotti e fui protagonista di una delle cosiddette carrambate – racconta ancora Totò -. Rividi sul palco Philippe Noiret, l’Alfredo di Tornatore. Fu molto emozionante. Ma lo è stato anche ricevere la telefonata di Fabrizio che ci teneva a farmi sapere quanto fosse contento di avermi potuto rivedere in tv. È un ricordo molto bello che ho di lui, di questo ragazzo così di cuore».

Silvia Buffa

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