E niente, stavo per scrivere il pezzo sulla notte di Capodanno, su quanto siete zaurdi, e su quanto potete anche fare la verticale sul naso ma le vostre serate capodannose saranno comunque tristi nonostante i selfie e i soldi che ci buttate, che mi arriva la notizia della morte di Totò Baglio, una persona che con la sua sola presenza prendeva una cena a base di schiacciate del panificio e la elevava a serata del mese. Perché questo era (è) Totò Baglio, un Napoleone della mondanità catanese, il nostro Jep Gambardella. Raffinato e all’occasione zaurdissimo, altissimo e bassissimo (come cultura… poi era un meraviglioso elfo pazzo e aristocratico).
Quando, secoli fa, diventai uno scrittore di cultura assaissima, tipo che venivano da fuori a guardarmi chiedendosi «come mai ne sa così tanto?», io, che di mio avrei ruttato in faccia a chiunque (al sovrintendente del teatro Massimo, al giornalista che organizzava cose con quella della munnizza, ai sindaci napoletani e siciliani, agli acitani tutti, a stilisti e stiliste, agli imprenditori sotto processo, a quelli dell’antimafia con il loro avvocato esteticamente brutto di riferimento, ai ripulitori di soldi coi locali alla moda) chiedevo a Nicoletta e Ruggero di organizzare piccole cene non impegnative nel cortiletto di Palazzo Biscari e di invitare Totò Baglio perché mi reggesse il moccolo, perché si assumesse la responsabilità della conversazione colta al posto mio (che per essere colto mi devono pagare, questi catanesi arripudduti tutti).
Era uno dei nostri, e per nostri intendo (oltre a Nicoletta e Ruggero) la mia adorata Vivina Geraci (il cugino di mio papà e suo nonno incendiavano Lancia Aurelia in via Etnea, solo per fare vedere che potevano e che erano pazzi), Aurelio Sapuppo (lui e Marco Vinci hanno inventato la Movida catanese, altro che la ciurara), Niki Terranova (Francesca Penna sei sempre bona), Marika Rejna, e i tutti i Paternò, i Cosentino, i Sorrentino, i Ducazzi, i Ferreri, i Mannino, quanti me ne scorderò di cognomi… tanti e insieme pochi… e insomma Totò Baglio quello era: una conversazione eccelsa, un complice, una meraviglia (Rita! Rita Meli con i suoi piedi nudi e bellissimi).
Chiunque, delle alte sfere, venisse a Catania, lo precettavo (sempre grazie a Nicoletta, Ruggero, Rita, Vivina) e lo attorniavo dei Nichi, delle Francesche, degli Aurelii… così mostrando una Catania splendida, colta, strafottente, Settecentesca, meravigliosa, che, CAZZO, non sarà mai più.
Totò, minchia, hai fatto finire una Catania. Non finire la bottiglia di wisky che fra un po’ arriviamo TUTTI PARI.
Amen!
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