Tornano gli sciuscià: ora sono lustrati, legalizzati e formati L’idea di Confartigianato è un regresso al bianco e nero

Quand’ero bambina, negli anni sessanta, c’era un lustrascarpe sotto i portici di via Ruggero Settimo, una domenica che ero andata al giornale L’Ora con mio padre – mi ci portava spesso la domenica, andavamo in autobus a prendere i giornali, la domenica L’Ora non usciva e mio padre non andava a lavorare, a volte al ritorno prendevamo la carrozza, quando ancora era un mezzo alternativo all’autobus o alla macchina. 

Una domenica, dicevo, usciti dal giornale ci fermammo da quel lustrascarpe: mio padre si sedette su quella specie di trono alto, poggiò i piedi e un signore, non era uno sciuscià, incominciò la sua opera con creme spazzole e pezze. Quella pezza che muoveva a ritmo, su e giù, mio padre lo conosceva, non era la prima volta che ci andava; io ero imbarazzata, imbarazzata da quell’uomo inginocchiato ai piedi di mio padre, imbarazzata di stare dalla parte del trono, volevo finisse presto e non capivo mio padre, comunista, che si faceva servire. Mio padre mi sorrideva in una complicità che non ho mai ritrovato con nessuno, la complicità delle cose da non fare, delle cose che facevamo insieme. E’ uno dei tanti ricordi contraddittori di un’epoca in bianco e nero che pensavo perduta per sempre, giustamente perduta.

E improvvisamente mi sento risucchiata indietro e quell’immagine di un uomo inginocchiato si ripresenta. Nunzio Reina, presidente della della Confartigianato Palermo, ha trovato la soluzione alla povertà, almeno per dieci poveri, un po’ come una modesta proposta di Swift, ma al contrario questa non modesta proposta di ironico non ha nulla, ed ecco che ci si inventa un corso di formazione per lustrascarpe, sì, perché i poveri vanno formati e legalizzati: legalità legalità legalità! 

Hanno pronto anche il formatore, Pietro Caccamo, Il Calzolaio di via Marchese di Villabianca, quello che un paio di infradito te li fa pagare a sangue di papa, mi chiedo cosa insegnerà ai futuri imprenditori, la differenza delle pelli, le creme adatte e soprattutto quel movimento della pezza, su e giù su e giù, servito! E i ricchi e i poveri possono tornare ad avere le giuste posizioni, ad avere altezze differenti, troni e inginocchiatoi, tutto come prima ma nell’assoluta legalità, ricchi con ricchi poveri con poveri.

Anna Farinella nasce a Palermo nel 1960.

 La redazione del giornale L’Ora, le mille e una notte in versione integrale con le miniature persiane, le foto in bianco e nero di Auschwitz, i nudi di Modigliani, odore d’inchiostro e colori ad olio, questa è la mia infanzia, la mia formazione. Nel rifiuto costante dei meccanismi di potere e arrivismo ho fatto la burattinaia, la pittrice, la scenografa, la costumista, l’autrice, l’attrice, la raccontatrice, la scrittrice in proprio, la cuoca di dio, la vetrinista per due volte, la costruttrice di bambole e di oggetti d’arte, ho fatto bomboniere e bon bon, ho insegnato senza laurea teatro e materie artistiche, ho lavorato con bambini e adulti, ho coltivato il senso della ribellione e dell’arte, ho lottato contro l’oppressione e per l’uguaglianza. Credo nella letteratura e se la vita è letteratura, anche da quattro soldi, la sto vivendo in pieno.

Anna Farinella

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