Una svista, un banale cortocircuito nelle comunicazioni, e per un boss si aprono le vie della libertà. Sembra un vicenda surreale, qualcuno la definirebbe persino ai confini della realtà. Eppure è vera e il protagonista di questa storia assurda è il boss Antonino Messicati Vitale, uno che da alcuni pentiti viene definito come «il vero capo del mandamento di Bagheria», un uomo d’onore della famiglia di Villabate molto «influente e potente» per il quale, secondo un altro, andare ad uccidere una persona è «come comprare un pacchetto di sigarette». Un boss pericolosissimo e dal grande spessore criminale, che venne arrestato nel 2012 in Indonesia, dopo una lunga e tortuosa procedura internazionale. Un criminale spietato e potente, per il quale ora, per un errore, si apre il carcere.
E tutto ciò si deve al ritardo dell’avviso di conclusione d’indagine che è stato notificato solo a uno dei due legali perché nessuno, dal carcere, ha avvertito la Procura che il boss aveva nominato un secondo difensore. Da qui una serie di errori procedurali a catena che hanno determinato la scadenza dei termini di custodia cautelare e la scarcerazione del capomafia di Villabate. Quando i pm si sono accorti dell’inghippo hanno provveduto a notificare nuovamente la chiusura dell’inchiesta a entrambi i legali e, successivamente, a chiedere un nuovo rinvio a giudizio. Decorsi i termini di legge, è stata fissata l’udienza preliminare. Il tutto quando la custodia cautelare era ormai scaduta da due giorni. Messicati Vitale, come scrive oggi il Giornale di Sicilia, fortunatamente resta comunque a Terrasini, dove ha l’obbligo di dimora.
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