IL GRUPPO CHE HA ACQUISITO LA GLORIOSA BANCA DELL’ISOLA NON GRADISCE CHE IL NOME VENGA ASSOCIATO AI CANNOLI. TANTO ATTACCAMENTO ALLA NOSTRA EX BANCA POTREBBE ESSERE DIMOSTRATO ANCHE ASSUMENDO UN PO’ DI GIOVANI SICILIANI!
di Carmelo Raffa
“Il marchio è mio e lo gestisco io”: con queste parole Unicredit ha diffidato un ristorante torinese che recentemente ha aperto la propria attività in Corso Unione Sovietica, utilizzando, il nome Banco di Sicilia. Non ha alcuna importanza per Unicredit ciò che svolge questo ristoratore che, oltre a cucinare cibi siciliani, vende anche cannoli ed è lontana anni luce dallattività creditizia. In ogni caso, ciò che è certo è che non può utilizzare un marchio di proprietà del Gruppo Unicredit.
Noi sappiamo che questo marchio viene utilizzato nella rete sportelli di Unicredit Sicilia, poiché tante persone sono rimaste attaccate al vecchio Banco di Sicilia. Ricordiamo che, storicamente, la gloriosa banca della nostra Isola nasce nel 1849 e nel 1867 ottiene il riconoscimento di istituto di emissione.
Dopo un lunghissimo periodo trascorso tra luci ed ombre e dopo aver ampliato la propria rete di sportelli sia in Sicilia, sia nella Penisola, nel 1926 perde la prerogativa di istituto di emissione, ma acquisisce quella di Istituto di diritto pubblico.
Negli anni 90, e dopo la sua trasformazione – dettata dalla legge voluta da Giuliano Amato – si trasforma in Società per azioni e subito dopo attraversa una crisi dovuta ad ingenti somme di crediti in sofferenze. Questa circostanza viene strumentalizzata dalla Banca dItalia per intervenire sulla vicenda ed imporre una gestione commissariale surrettizia, mettendo alla guida dellIstituto Cesare Caletti.
Successivamente vengono imposti ai dipendenti notevoli sacrifici in termini economici, di carriera ed occupazionali ed alla fine del 1996 il Banco di Sicilia ha superato la crisi ed è in condizioni economiche ottimali per stare autonomamente sul mercato.
Questo non garba ai poteri forti del Paese ed allallora Ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, che lavorano per il processo di concentrazione e quindi linteresse è quello di aggregare gli Istituti meridionali agli Istituti di Credito del Centro Nord.
In particolare, in quel periodo cè una Banca che si trova in enorme difficoltà di liquidità che si chiamava Banca di Roma. Quindi a questo punto è più che dimostrato che nel 1997, attraverso lingresso di Mediocredito Centrale nel capitale del Banco di Sicilia, con mille miliardi di vecchie lire, lo Stato acquisisce la maggioranza del pacchetto azionario del Banco di Sicilia. Per fare cosa?
La Banca di Roma segue attentamente, dal 1993, le vicende siciliane. Da allora sogna di farne un ‘bocconcino’. E’ così che i quotidiani del Centro Italia amplificano sempre più i malesseri delle Banche siciliane. Ai Mister Cesare Geronzi e Antonio Fazio non gli sembra vera lopportunità di sfruttare la liquidazione della Sicilcassa per poi accorparla al Banco di Sicilia e con lintervento di Mediocredito Centrale e mettere finalmente all’angolo la Regione siciliana.
Si realizza il vecchio sogno di Cesare Geronzi: acquisire il polo creditizio siciliano per dare ‘ossigeno’ alla sua sofferente Banca di Roma. Migliaia e migliaia di risparmi dei siciliani vengono utilizzati per dare liquidità alla Banca di Roma e non solo.
Ci chiediamo e chiediamo: i benefici della legge Sindona per il fallimento della Sicilcassa da chi sono stati sfruttati?
E una cosa che non potremo mai dimenticare è stata quella di tentare di mistificare i fatti da parte di persone che, allepoca sembrano al di sopra di ogni sospetto. In un convegno organizzato nel 2001 dal Banco di Sicilia a Villa Igea lallora Governatore della Banca dItalia, Antonio Fazio, riconosce a Cesare Geronzi il merito di aver fatto una cosa buona per la Sicilia salvando il Banco di Sicilia. In quelloccasione fonti sindacali replicano a muso duro: Fazio mente, sapendo di mentire.
La pura verità è che Banca di Roma si è salvata anche con il contributo dei siciliani e dei lavoratori del Banco di Sicilia.
Geronzi riesce ad avere il controllo del Banco di Sicilia. Ma fallisce il tentativo di incorporarlo. Questo per la forte resistenza politico-sindacale. Morale: si deve accontentare di costituire la Holding Capitalia S.p.A. che garantisce, attraverso i patti parasociali stipulati con la Regione, un po autonomia di gestione al Banco di Sicilia.
Nel 2007 Geronzi, per evitare che Capitalia subisca unOpa da parte di qualche Banca Europea, ed avendo notizie fondate in tal senso, consegna Capitalia, compreso il Banco di Sicilia, nella mani di Alessandro Profumo e del suo Gruppo Unicredit.
Ciò che ha tentato invano Geronzi riusce perfettamente ad Unicredit. Infatti dal 2010 tutte le Banche del Gruppo sono confluite in unica realtà denominata Unicredit, ma in Sicilia negli sportelli bancari rimane il logo di esclusiva proprietà del Gruppo Unicredit Banco di Sicilia: quel logo che oggi Unicredit difende, impedendo persino a un ristorante di Torino di utilizzare questo nome.
Riteniamo perfettamente legittimo che Unicredit non possa accettare luso improprio di un marchio di sua proprietà, anche se si occupa di ristorazione e di rivendita di cannoli siciliani. Ma riteniamo lecito chiedere di nuovo a Federico Ghizzoni se ama la Sicilia e quanto la ama.
Quello che sappiamo è che la Sicilia resta fedele al vecchio BdS e quindi ad Unicredit, ma in questo momento ha bisogno, in particolare, di una cosa: nuova occupazione!
Insomma: passi pure che Unicredit impedisca a un ristoratore di vendere cannoli sotto il marchio della gloriosa Banca siciliana. Ma, accanto a quest’attaccamento al vecchio Banco di Sicilia, Ghizzoni dimostri, nei fatti, di essere vicino anche alla Sicilia di oggi. Faccia assumere un congruo numero di giovani siciliani nella Banca che amministra e siamo certi che i siciliani si ricorderebbero del famoso film di Totò e direbbero ad alta voce: “Federico Ghizzoni nostro Padre è!”.
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