Torball, Giovanni Ciprì al suo ottavo tricolore L’atleta non vedente chiamato mister scudetto

Chiamatelo signor scudetto. Un ‘soprannome’ che, osservando il suo palmares, inquadra in maniera nitida il profilo di Giovanni Ciprì, campione italiano di torball, disciplina per non vedenti avviata verso l’ingresso degli sport paralimpici e in cui si sfidano due squadre composte da tre giocatori e che prevede l’impiego di un pallone sferico al cui interno sono presenti dei campanellini. Otto scudetti, cinque Coppe Italia e altrettante Supercoppe, oltre a un mondiale per club nel 2014. I numeri incoronano il 51enne palermitano che in virtù del tricolore (l’ottavo) conquistato nei giorni scorsi con l’Augusta ha aggiunto un’altra perla alla propria collana consolidando la leadership nella classifica degli atleti pluriscudettati. Nessuno in Italia ha vinto nel torball quanto Ciprì e nell’albo d’oro della disciplina non ci sono squadre che vantano lo stesso numero di scudetti di questo atleta, ex ipovedente e adesso affetto da una malattia, la retinite pigmentosa, che consiste nella degenerazione del tessuto retinico e che, di fatto, ha come effetto la cecità.

Dopo avere piantato la propria bandierina tra Teramo e Trento sul territorio nazionale, vincendo con l’Augusta NO.VE. Ciprì si è tolto la soddisfazione di conquistare il suo primo scudetto con la maglia di una compagine siciliana: «E questo rappresenta per me un motivo d’orgoglio – ammette a MeridioNews – sono contento di avere portato il tricolore anche qui ma non bisogna dimenticare che i miei meriti vanno sempre inseriti in un contesto di squadra. Per quanto riguarda l’Augusta, ad esempio, io sono stato determinante nella prima giornata (il campionato, spalmato in tre weekend tra dicembre e febbraio, lo giocano 12 squadre divise in quattro terzine per un totale di 22 turni tra andata e ritorno, ndr) ma nelle due successive sono stati Gianluigi Toigo, capocannoniere del torneo con 72 reti, e Sebastiano Patania, che è anche presidente del gruppo sportivo, a fare la differenza». Nella sua carta d’identità, alla voce segni particolari corrisponde l’aggettivo ‘vincente’. Con un quid in più. La capacità, ovunque è andato finora, di lasciare subito il segno. E’ successo ora ad Augusta ma era capitato anche con il Trento, gruppo sportivo non vedenti con cui in dieci anni ha vinto quattro scudetti e con cui nel 2014 si è laureato campione del mondo per club.

«Il mio segreto? Tenacia e tanto allenamento, 5-6 volte alla settimana a incastro con i miei impegni di lavoro (da 28 anni è funzionario del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ndr) e con gli attrezzi da palestra che ho a casa. Volontà e spirito di sacrificio sono le molle che mi spingono a coltivare sempre la passione per questa disciplina». Che nel mondo di Ciprì, appassionato anche di calcio e grande tifoso del Palermo, è entrata in maniera casuale. Dopo alcuni anni dedicati all’atletica a livello amatoriale, Giovanni all’età di 23 anni è rimasto colpito dal torball grazie ad una società sportiva del Comitato italiano paralimpico con la quale si era messo in contatto tramite l’Unione Italiana Ciechi. Un giorno, per sostituire un giocatore colpito da un lutto familiare, andò in panchina con l’Aspricus Palermo in occasione di una trasferta in Ciociaria e in qualità di subentrato festeggiò il suo esordio realizzando quattro gol. In quel momento capì che il torball era la sua dimensione.

È l’introduzione di un libro ricco di capitoli interessanti, come quello relativo appunto allo scudetto vinto ad Augusta e che vuole dedicare alla moglie Erika, e con tante pagine ancora da scrivere. «Il filo conduttore è l’amore per questa disciplina – ha ammesso il top player palermitano nel cui curriculum spiccano anche due convocazioni in Nazionale, nel 2003 e nel 2006, e la presenza nella squadra di Old Stars impegnata spesso sia in Italia che in Europa in una serie di tornei amichevoli – il torball mi ha aiutato a osservare la vita da una prospettiva diversa e a capire meglio i miei limiti. Il confronto continuo con i miei compagni, per esempio, mi è servito ad accettare senza alcun problema il fatto che cammino con il bastone e che il bastone adesso fa parte della mia vita».

Antonio La Rosa

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