Tony Drago, legale chiede l’avocazione delle indagini «Dai pm c’è stata inerzia assolutamente irragionevole»

A distanza di tre anni dalla morte del caporale siracusano Tony Drago, avvenuta il 6 luglio del 2014 nella caserma Sabatini di Roma, Dario Riccioli, il difensore di fiducia della madre Rosaria Intranuovo e del marito di lei, Alfredo Pappalardo, chiede l’avocazione delle indagini. 

A seguito dell’incidente probatorio, lo scorso 15 marzo i periti nominati dal Gip, Paolo Procaccianti e Federico Boffi, hanno concluso affermando che l’unica ricostruzione compatibile con la multilesività diffusa riscontrata sul corpo di Drago e con la ricostruzione scientifica e dinamico-cinematica della scena del crimine è quella omicidiaria. Nessun dubbio: il militare siracusano sarebbe stato barbaramente ucciso all’interno della caserma, «eppure la Procura non ha ancora – dichiara Riccioli – assunto determinazioni in merito al procedimento iscritto contro otto militari che, per grado e funzioni, avevano l’obbligo giurdico di impedire la morte di Tony Drago». È per questo che, ricevuto il mandato dai suoi assistiti, il legale ha depositato oggi la richiesta di avocazione delle indagini al procuratore generale presso la corte di Appello di Roma.

«Sarà il procuratore adesso – spiega l’avvocato a Meridionews – a cercare di capire le ragioni per cui c’è stata questa inerzia per poi valutare come procedere. Per me – commenta – questa lentezza è un atteggiamento assolutamente irragionevole visto che la procura autonomamente aveva iscritto una notizia di reato per omicidio volontario a carico di ignoti. Nasce da qui la richiesta di avocazione, anche perché il rischio è quello che trascorrano i sei anni che sono il termine per la prescrizione breve. Ma la procura – specifica – deve ancora decidere se fare l’avviso di conclusione delle indagini». 

Per Riccioli, senza avocazione, se la procura «dovesse ritenere di esercitare l’azione penale perderemmo comunque almeno un altro anno e poi ci resterebbero solo due anni e mezzo per fare un processo che, quasi certamente, non si concluderebbe in primo grado perché i difensori degli imputati credo metterebbero nella loro lista tutti i militari presenti in caserma. In questa vicenda – conclude – il tempo sta diventando il nostro peggior avversario ma dovrebbe esserlo anche per i magistrati».

Marta Silvestre

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