Tombini infossati, autobus come tagadà Un autista Amt: «Sono un soldato»

A complottare contro l’Azienda municipale dei trasporti etnea ci prova anche il Comune di Catania. A mettere a repentaglio la – già precaria – resistenza degli autobus ci si mettono pure i tombini di alcune vie del centro, troppo infossati rispetto all’altezza del manto stradale. Le sospensioni tremano, gli ammortizzatori soffrono, i copertoni pregano di salvarsi, gli autisti sobbalzano e poi bestemmiano. Seguiti a ruota dai passeggeri, che di saltare sul posto come se fossero sul tagadà non hanno voglia.

«A me non è mai capitato di subire danni alla vettura – afferma l’autista di un 830, che da villaggio sant’Agata arriva a Picanello, passando per il centro storico – Però non è giusto così». E il rumore di un altro tombino troppo profondo copre le sue parole. «Lo sente? Io purtroppo non posso fare niente: mi dicono che devo fare questa strada, e io sono un soldato che obbedisce». Un milite ignoto, praticamente. «Se non ci fossero ‘sti cosi gialli…», rincara la dose un anziano signore, riferendosi ai cordoli che delimitano la carreggiata in via Vittorio Emanuele. La corsia preferenziale è larga il giusto per farci passare un mezzo pubblico, ma non abbastanza da permettere a un autista di dribblare un tombino più profondo di quanto dovrebbe.

«Sinceramente i tombini sprofondati non sono una nostra priorità», afferma Maria Luisa Areddia, della direzione Lavori pubblici e manutenzione di Palazzo degli elefanti. «I catanesi rubano i tombini in continuazione e dobbiamo sempre sostituirli – sostiene – Del resto, le ruote degli autobus non restano incastrate in questi tombini, entrano e poi escono, quindi il problema è relativo». In fondo, a lei segnalazioni di disagi particolari non ne sono mai arrivate e per rimediare la procedura è complicata: «Gli strati di asfalto si accumulano». E le grate finiscono sempre più in basso. Come il limite di sopportazione delle vetture Amt, che di tutto avrebbero bisogno fuorché di altre prove di resistenza. Oltre alle sempiterne buche nella carreggiata, naturalmente.

Luisa Santangelo

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