Succede ogni anno. Uno o due giorni dopo la commemorazione del giornalista Pippo Fava, ammazzato da Cosa nostra il 5 gennaio 1984, il mazzo di fiori portato dalla sua famiglia viene rubato nella notte. L’anno scorso, quello precedente e quello prima ancora a mettere di nuovo al loro posto i fiori è stata sua figlia Elena. Ma quest’anno, per la prima volta, la commemorazione si è svolta senza di lei. «Chi toglie quei fiori fa un danno alla propria libertà», aveva detto lei lo scorso gennaio. E quest’anno la fondazione Giuseppe Fava, che Elena Fava ha creato nel 2002, rincara la dose: «Oggi chi ha tolto quei fiori dimostra la sua miserabile vigliaccheria».
Il gancio vuoto sotto alla targa degli studenti era stato usato, ieri pomeriggio, per appenderci un mazzo di gigli arancioni. Un omaggio floreale intimo, quello della famiglia del cronista ucciso dalla famiglia Santapaola-Ercolano. Come ogni anno, anche ieri la città lo ha ricordato. In silenzio, davanti al teatro Verga, proprio nel punto in cui Fava è stato colpito a morte. Quest’anno, però, in prima fila non c’era Elena Fava. Si è spenta lo scorso 21 dicembre. A ricordare lei e suo padre ci hanno pensato i suoi ragazzi, quei giovani ai quali raccontava la storia della criminalità organizzata nel capoluogo etneo. E la storia del giornale I Siciliani, che a Pippo Fava è costato la vita.
La sparizione dei fiori dalla lapide che ricorda suo padre per Elena era sempre stato «il segno che una parte di questa città, la peggiore, non è con noi». E lo ha dimostrato anche quest’anno. Solo qualche giorno fa l’assessore alla Legalità Rosario D’Agata aveva garantito che i vigili urbani sarebbero rimasti per tutto il 5 gennaio a controllare che non si replicasse il furto dei fiori. E fino alle 23 di ieri il mazzolino arancione era ancora al suo posto. Stamattina, però, non c’era già più. «Ecco come si presenta la lapide neanche 24 ore dopo le manifestazioni organizzate a Catania», scrive la fondazione Fava su Facebook. «Ci sono la corona di fiori deposta dall’assessore D’Agata, il mazzo di fiori portato dall’Unci, le margherite lasciate dai tanti cittadini che ieri pomeriggio erano insieme a noi sotto la lapide – continuano – Manca solo il nostro».
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