Tindari, al via la prima edizione del premio ‘Parados’

di Cettina Vivirito

Il mito è il nulla che è tutto. Lo stesso sole che apre i cieli è un mito brillante e muto: il corpo morto di Dio, vivente e nudo. Questi, che qui approdò, non esistendo esistette. Senza esistere ci bastò. Non essendo venuto venne e ci creò. Così la leggenda scorre entrando nella realtà, e a fecondarla decorre. In basso, la vita, metà di nulla, muore.

Primo Ulisse, F. Pessoa

Qualche giorno fa è stato presentato nella Sala Sinopoli del teatro “Vittorio Emanuele” di Messina il premio teatrale “Parodos – Tindari Festival 2014”, organizzato dal Comune di Patti in collaborazione con l’Ente Teatro di Messina. A presentarlo il direttore artistico Anna Ricciardi e il Sindaco del Comune di Patti, Mauro Aquino.

Si tratta di un concorso aperto alle compagnie teatrali composte da giovani professionisti, alle quali, vinta la selezione, sarà data l’opportunità di esibirsi nello splendido scenario del Teatro Greco di Tindari dal 21 al 23 di agosto nell’ambito del Tindari Festival e di inserire le proprie realizzazioni all’interno dei cartelloni del “Vittorio Emanuele” di Messina e del teatro “Beniamino Joppolo” di Patti.

Il progetto ha una duplice finalità: rinnovare il mito e l’epica, fondamenti della cultura mediterranea; promuovere il lavoro di studio e ricerca di compagnie teatrali emergenti.

Nel teatro greco antico, la ??????? (Parodos – Entrata) sanciva l’ingresso solenne del coro nell’orchestra e il suo primo canto: questo Premio, attraverso i debutti e le performances di opere prime, vuole non solo suggellare “l’ingresso” di compagnie di giovani validi e talentuosi su un prestigioso e suggestivo palcoscenico ma anche sostenerne l’attività con l’immissione in stagioni teatrali consolidate considerando che le proposte maggiormente significative saranno giudicate fondanti della nuova edizione del Tindari Festival.

Rappresentare il “Mito” costituisce, oggi più che mai, una sfida importante principalmente per il suo modo d’essere: è riconoscibile come mito solamente ciò che (e nella misura in cui) rivela qualcosa che si è pienamente manifestato; e questa manifestazione è contemporaneamente creatrice ed esemplare perché fonda sia una struttura del reale sia un comportamento umano. Un mito racconta sempre che qualcosa è realmente accaduto nel significato più profondo del termine: non importa che si tratti della creazione del mondo, o della più insignificante specie animale o vegetale, oppure di un’istituzione. Il fatto stesso del dire ciò che è accaduto rivela come una certa esistenza si è realizzata (e questo “come” equivale anche al “perché”).

E l’atto dell’esistere è insieme emergenza di una realtà e svelamento delle sue strutture fondamentali. I miti rivelano le strutture del reale e i molteplici modi d’essere nel mondo, per questo sono il modello esemplare dei comportamenti umani: rivelano storie vere, che si riferiscono alla realtà. Quando un dio o un eroe civilizzatore hanno istituito un comportamento – per esempio, un modo particolare di nutrirsi – non hanno solamente assicurato la realtà del comportamento stesso (infatti quel gesto prima non esisteva, non era praticato, era dunque «irreale»), ma per il fatto stesso che tale comportamento è loro invenzione, è anche teofania, creazione divina.

Nutrendosi alla maniera degli dèi o degli eroi civilizzatori, l’uomo ripete i loro gesti e partecipa in un certo senso della loro presenza. Non vi è mito se non vi è svelamento di un “mistero”, rivelazione di un avvenimento primordiale che ha fondato sia una struttura del reale sia un comportamento umano. Da ciò deriva che per il suo modo d’essere, il mito non può essere particolare, privato, personale; rivelando l’esistenza e l’attività degli esseri sovrumani che si comportano in un modo esemplare, si comportano in un modo universale; perché un mito diventa un modello per “tutto il mondo” (così è considerata la società cui si appartiene) e un modello per “l’eternità” (è avvenuto in un tempo lontano e in definito, non partecipa quindi della temporalità). Infine: il mito è accolto dall’uomo in quanto essere totale, non si rivolge solamente alla sua intelligenza o alla sua immaginazione. Quando non è più accolto come una rivelazione dei “misteri”, il mito si degrada, si oscura, diventa racconto o leggenda.

Le inquietudini e le crisi delle società contemporanee si spiegano, secondo Jung, proprio con l’assenza di un loro mito peculiare a partire dalla rottura in profondità con il cristianesimo; si assiste alla ricerca di un nuovo mito che permetta di ritrovare una nuova fonte spirituale e che restituisca le forze creatrici, sotto varie forme.

Il mito, però, al pari dei simboli che ne nascono, non scompare mai dall’attualità psichica: cambia soltanto aspetto e traveste le sue funzioni. Certe feste apparentemente profane del mondo contemporaneo conservano ancora la loro struttura e le loro funzioni mitiche: i festeggiamenti di capodanno, la festa per la nascita di un bambino o anche l’entrata in un nuovo appartamento tradiscono la necessità oscuramente sentita di un inizio assoluto, di un “incipit vita nova”, cioè di una rigenerazione totale. Nonostante la distanza fra questi festeggiamenti profani e il loro archetipo mitico – la ripetizione periodica della creazione – è evidente che l’uomo prova ancora il bisogno di riattualizzare periodicamente tali scenari, seppure desacralizzati; può non essere chiaro fino a che punto sia conscio delle implicazioni mitologiche delle sue festività: importante è considerare che tali festività hanno ancora una risonanza, oscura ma profonda, in tutto il suo essere.

Già Tito Livio presenta una ricca galleria di modelli per i giovani romani. Plutarco scrive poi le sue “Vite degli uomini illustri”, vera somma esemplare per i secoli futuri. Le virtù morali e civiche di quegli illustri personaggi continuano a essere il modello supremo per la pedagogia europea, dal Rinascimento ad oggi; l’educazione civica dell’Europa ha seguito con varie modalità gli archetipi dell’antichità classica, quei modelli che si sono manifestati “illo tempore” in quel lasso di tempo privilegiato che fu l’apogeo della cultura greco-latina. E’ stata quindi assimilata la funzione della mitologia a quella dell’istruzione per le caratteristiche del mito, in particolare quella che consiste nel creare modelli esemplari per un’intera società. Si riconosce d’altronde in ciò una tendenza generalmente umana, cioè quella di trasformare un’esistenza in paradigma e un personaggio storico in archetipo.

Come ha ben compreso Gide, Goethe era pienamente conscio della sua missione di realizzare una vita esemplare per il resto dell’umanità. In tutto quello che faceva si sforzava di creare un esempio. A sua volta imitava nella vita, se non la vita degli dèi e degli eroi mitici, almeno il loro comportamento. Paul Valéry scriveva nel 1932: “(…) Egli ci offre l’esempio, signori uomini, di uno dei migliori tentativi per renderci simili a dei.” Con mezzi molteplici ma omologabili, l’uomo si sforza di uscire dalla propria “storia” e di vivere un ritmo temporale qualitativamente diverso: è un modo inconsapevole di recuperare il comportamento mitico.

La principale via di educazione civile usata ancora oggi è lo spettacolo e più specificamente la rappresentazione viva, teatrale; si notano con evidenza i precedenti mitologici della maggior parte degli spettacoli e qui basti ricordare l’origine rituale della tauromachia, delle corse, degli incontri sportivi: tutti hanno in comune la caratteristica di svolgersi in un tempo concentrato, di grande intensità, residuo o succedaneo del tempo magico-religioso, un tempo che, al di fuori di ogni implicazione estetica, provoca una profonda risonanza nello spettatore.

Ogni performance presenta la lotta esemplare tra il Bene e il Male, tra l’Eroe e il Malvagio e ritrova i grandi motivi della fanciulla perseguitata, dell’amore che salva, del protettore sconosciuto. La poesia stessa è uno sforzo per ricreare il linguaggio abolendo quello ordinario per inventarne uno nuovo, segreto, implicando anch’essa l’abolizione del tempo, della storia concentrata nel linguaggio e tendendo al recupero della situazione paradisiaca primordiale, quando si creava spontaneamente perché non esisteva il passato (non esistendo coscienza del tempo né memoria della durata temporale).

Il poeta scopre il mondo come se assistesse alla cosmogonia, come se fosse contemporaneo del primo giorno della creazione; creando a sua volta un mondo nuovo può permettersi l’illusione di una padronanza del tempo in cui in certo modo si sottrae e sottrae il lettore, lo spettatore al divenire implacabile che conduce alla morte. Il lavoro, la guerra, l’amore, diventano cose sacre. Il rivivere ciò che gli dèi e gli eroi avevano vissuto nel mondo classico si traduce in una sacralizzazione dell’esistenza umana, aperta sul Grande Tempo che, se può risultare faticosa, assume ricchezza di significati. Il comportamento mitico si prolunga, travestito, nella funzione assolta dall’educazione, e non scompare mai.

*Per visionare il bando è possibile visitare l’Albo Pretorio online del Comune di Patti alla sezione Bandi e Gare e il sito internet dell’Ente Teatro di Messina.

 

Redazione

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