Timpa Leucatia, caos tra progetti e varianti Il Comune rischia di perdere i finanziamenti

Un progetto così datato da cambiare almeno tre responsabili. Un finanziamento regionale perso e un altro in bilico. Un obiettivo non chiaro agli stessi tecnici comunali e criticato dalle associazioni ambientaliste. In estrema sintesi, sono gli elementi principali del progetto del Comune di Catania sulla Timpa di Leucatia, l’ambiente umido nel quartiere Canalicchio che potrebbe essere una risorsa naturalistica ed è invece abbandonato. Quando non è a rischio. Al confine con il Comune di Sant’Agata li Battiati, il progetto catanese prevede il contenimento delle acque – che scorrono copiose verso il centro città – e la messa in sicurezza di alcuni massi sul costone. Fermo per anni, negli scorsi mesi il piano è andato avanti a singhiozzo e al momento è in attesa di un nuovo confronto con le associazioni – Stelle e ambiente, Lipu e Wwf – dopo ferragosto. Con una scadenza fissata a cinque mesi nel contratto con la ditta – firmato la scorsa estate -, il completamento è previsto per il 31 ottobre.

I lavori sono iniziati lo scorso anno con gli interventi su alcuni punti del costone considerati pericolosi. «Hanno iniettato delle resine e frantumato i massi sul luogo – spiega Giuseppe Sperlinga, biospeleologo, presidente di Stelle e ambiente – Non hanno tagliato tutta la vegetazione come si temeva, ma la ditta ha eliminato tutti i fichi d’india, alcuni secolari, in maniera indiscriminata». Ad avvertire le associazioni sono stati i residenti. «Quando l’abbiamo saputo, siamo intervenuti e li abbiamo bloccati». Adesso la messa in sicurezza continuerà con l’applicazione di reti di contenimento, limitate ai punti ritenuti a rischio crollo per non deturpare il paesaggio.

Ma l’aspetto più problematico del progetto resta quello di contenimento delle acque, tanto abbondanti da allagare le cantine dei condomini vicini. Un piano che ha occupato diverse riunioni della commissione Lavori pubblici del consiglio comunale etneo, tra audizioni di tecnici comunali e la perplessità dei consiglieri. Che hanno appreso solo strada facendo dell’esistenza di due progetti: uno per irregimentare le acque e un altro per utilizzarle per l’irrigazione del parco Gioeni. Piani che però non si sarebbero mai parlati tra di loro, suscitando i dubbi degli stessi tecnici comunali sulla possibilità di incanalare un grande quantitativo d’acqua – come quello che attraversa la Timpa – in tubature dalla portata inferiore. «Il rischio è che via Leucatia si trasformi in una fiume», scrivono i consiglieri nei verbali. La soluzione sarebbe proporre una variante al progetto, ragionano i tecnici. Ma lo stesso progetto è ormai alla sua fase finale, rispondono altri tecnici.

Una situazione paradossale che ha impegnato diverse sedute della commissione, ma che in realtà non esisterebbe nemmeno. «L’acqua della Timpa viene già convogliata nel canale di gronda cittadino», si stupisce Sperlinga. Solo che adesso sbuca a mare, venendo sprecata. «Basterebbe creare una tubazione che dalla curva tra via Cardinale Nava e via Vittorio Emanuele da Bormida porti al parco Gioeni», continua il biospeleologo. Preoccupato piuttosto da un altro aspetto: «Il piano prevedeva di creare una trincea drenante lunga quanto tutto il costone e profonda oltre quattro metri, fino a intercettare le argille da cui affiorano acque». In questo modo, però, la vegetazione e gli animali della Timpa morirebbero. È a questo punto che il compromesso – «raccogliere le acque superficiali e non quelle profonde» – si scontra con una nuova emergenza comunale: la sospensione dei lavori comporterebbe la perdita del finanziamento e le rimostranze della ditta. 

Così il Comune fa una controproposta alle associazioni: approvare una variante al progetto con un’apposita delibera di giunta che accorci la trincea a una lunghezza di cento metri e diminuisca la profondità. «Ci siamo riservati di rispondere dopo ferragosto, quando loro vorrebbero iniziare i lavori», spiega Sperlinga. Che conclude: «Il vero peccato originale di questo progetto è che, tra tante perizie tecniche, manca vergognosamente uno studio naturalistico».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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