The departed – Il bene e il male

Titolo originale: The departed
Nazione: U.S.A.
Anno: 2006
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 149′
Regia: Martin Scorsese
Cast: Leonardo DiCaprio, Matt Damon, Jack Nicholson, Martin Sheen, Alec Baldwin, Mark Wahlberg

 

 

 

Il deludente The Aviator fortunatamente sembra solo un brutto ricordo guardando The Departed. “È una vicenda che racconta di fiducia e tradimento ma, secondo me, non è una grande storia quanto piuttosto un grandissimo intreccio che mi ha consentito di concentrarmi sui personaggi e la loro psicologia” – così il regista descrive The departed, la storia di Billy Costigan (DiCaprio), giovane poliziotto in incognito dal passato difficile, che riceve l’incarico di infiltrarsi nella gang capeggiata dal boss Frank Costello (Nicholson). Billy ignora però che nelle fila della squadra speciale incaricata di incastrare Costello si nasconde proprio un’abile spia del boss, l’impeccabile e insospettabile Colin Sullivan (Damon).

Nel girare The departed Scorsese si è ispirato a un film prodotto a Hong Kong nel 2002, Infernal Affairs, trasportando, per così dire, una storia di mafia cinese nell’elegante Boston, tra poliziotti e malavitosi di origine irlandese. “Io non voglio essere il prodotto del mio ambiente, voglio che l’ambiente sia un mio prodotto”, dice la voce narrante all’inizio del film, lasciando intendere come i personaggi sullo schermo siano tutti dotati di una forte personalità e desiderino piegare gli eventi al loro volere. In realtà, come afferma il regista, avviene esattamente il contrario. I personaggi sembrano quasi delle marionette “plasmate dalle forze che li circondano“. Qui nessuno è ciò che vorrebbe essere: ne sono la prova i due personaggi principali del film (entrambi doppiogiochisti, da un lato poliziotti e dall’altro criminali) costretti a valicare continuamente la soglia tra bene e male senza riuscire a trovare una propria identità.

Se il film risulta estremamente piacevole e ben montato, garantendo alla pellicola un ritmo che non rischia certo di far addormentare lo spettatore, si ha però la sensazione, come in altre prove di Scorsese, che verso la fine la macchina da presa si sia stancata di funzionare, costringendo ad accelerare i tempi e dover trovare una conclusione in fretta e furia. Perché mantenere un ritmo serrato ed intavolare continui colpi di scena per due ore e poi lasciare di stucco lo spettatore concludendo la vicenda con una serie di pallottole ficcate in testa in non più di 5 minuti? Forse si poteva fare di più, e questo è uno dei pochi limiti di un film davvero ben fatto.

Daniele Giuseppe Bazzano

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