Terremoto, come mettere in sicurezza un edificio «Per un alloggio in media servono 35mila euro»

«Quando si va dal medico non si cerca il più economico, ma il più bravo. Esattamente come dovrebbe essere con le nostre case che hanno bisogno di una messa in sicurezza. La diagnosi sullo stato di salute dell’edificio va affidata a un ingegnere esperto». Per Aurelio Ghersi – docente nel dipartimento di Ingegneria dell’università di Catania – la prevenzione al terremoto parte da qui: sapere se il posto in cui si vive è adeguato a reggere l’impatto delle onde sismiche. In molti casi, infatti, non serve abbattere e ricostruire, ma piuttosto procedere a interventi mirati. «Sulla base della mia esperienza – spiega Luigi Bosco, ingegnere e assessore ai Lavori pubblici di Catania – in media per mettere in sicurezza un alloggio servono circa 30-35mila euro». Cosa deve fare dunque un privato che decide di intervenire?

In premessa occorre distinguere tra adeguamento e miglioramento sismico. Il primo è più complicato da raggiungere e porta ad aderire a quanto dispone la legge per le nuove costruzioni, cioè a resistere al massimo terremoto previsto in un determinato territorio. «Nella Sicilia Sud orientale – sottolinea Bosco – si aspetta un sisma del settimo grado della scala Mercalli. Cioè 30 volte più forte di quello che ha colpito il Centro Italia. L’adeguamento rende un edificio in grado di resistere a questa intensità». Ma non sempre è possibile. In questi casi, quindi, si procede a un miglioramento in grado di garantire che un immobile non crolli di fronte a un sisma pari al 70 per cento dell’intensità massima prevista. 

Spetta a un ingegnere esperto valutare come intervenire. «Conoscere il grado di resistenza di un edificio – continua l’assessore etneo – costa circa 700 euro ad alloggio. Se consideriamo un condominio con dieci appartamenti, quindi, servono 6-7mila euro per fare i sondaggi, provare la resistenza dei materiali utilizzati e sviluppare il modello matematico che consente di avere informazioni sulla capacità di resistenza». Le indagini e i successivi interventi sono più semplici se si tratta di un edificio in muratura. «Una casa in muratura funziona bene se è come una scatola in cui le pareti sono concatenate tra loro – spiega Bosco – se invece sono separate è un castello di carta. Per incatenare occorre procedere alla cucitura degli angoli e all’inserimento delle cosiddette catene, cavi di ferro che attraversano i muri, collegandoli. Stessa funzione devono svolgere i tetti». Il costo? «Qualche decina di migliaia di euro in media». A questo vanno aggiunte le operazioni per «ravvivare la malta che negli anni perde le sue caratteristiche».

Più complesso mettere in sicurezza un edificio in cemento armato. Primo passo è capire la qualità del calcestruzzo, che può variare anche all’interno dello stesso immobile. «Se con un trapano si fa fatica a bucare una parete, allora possiamo stare abbastanza sereni – spiega l’ingegnere Ghersi – se invece basta un cacciavite per arrivare alle armature del cemento, dobbiamo cominciare a temere. Resta il fatto che questa valutazione spetta sempre a un tecnico». Cosa fare dunque? «Un edificio – continua – può avere carenze negli elementi strutturali, ad esempio i pilastri troppo piccoli che vanno ingrossati con acciaio o cemento armato; stessa cosa con pareti troppo deboli, o scale troppo pesanti da sostituire con materiali come l’acciaio. Prima di tutto, però, bisogna valutare se ne vale la pena, cioè se il costo non supera quello di demolizione e ricostruzione». 

In ogni caso, l’intervento risolutivo è considerato l’isolamento sismico: un taglio tra le fondazioni e i pilastri, in cui inserire delle molle. «In caso di sisma il terreno sottostante si muoverà, mentre l’edificio rimarrà fermo – spiega Bosco -. Un sistema migliore rispetto agli altri tradizionali, perché questi ultimi mirano a far resistere il palazzo che, in ogni caso, subirà delle lesioni». Tuttavia l’isolamento si può realizzare solo in casi precisi. «L’edificio deve essere unico – sottolinea Ghersi – quindi è poco adatto a un contesto urbano dove la maggior parte dei palazzi è unita ad altri. Ed è importante che ci sia uno scantinato facilmente accessibile. L’alternativa è lavorare sul piano terra, danneggiandolo inevitabilmente. Infine più alto è l’immobile meno vantaggioso è l’isolamento: diciamo che, a livello economico, vale la pena per palazzi che non superano i cinque, sei piani. Con un’altezza più elevata servirebbero in aggiunta troppi interventi di consolidamento della parte sovrastante». 

Esistono finanziamenti pubblici a cui i cittadini siciliani possono attingere? «Al momento – spiega Giuseppe Piana, presidente dell’Ance etnea, l’associazione dei costruttori edili – c’è la possibilità di una defiscalizzazione fino al 60 per cento. Certo, non dà aiuti subito, ma in dieci anni si riesce a dimezzare il costo dell’intervento. Ma è un palliativo, servono strumenti più snelli e rapidi. Adesso basta un condomino contrario che il progetto di adeguamento per un intero stabile fallisce. La formula migliore – continua – sarebbe affiancare alla certificazione energetica quella sulla vulnerabilità sismica, in base alla quale cambierebbe anche il valore dell’immobile». Bosco, invece, guarda con ottimismo alle promesse del ministro Graziano Delrio. «Il governo ha annunciato che investirà tra i due e i tre miliardi all’anno per la prevenzione. Se sarà così, in un decennio si potrebbero adeguare poco meno di un milione di alloggi, cioè mettere al sicuro cinque milioni di persone». «Da qualche parte – conclude Ghersi – bisogna cominciare, aspettare ancora sarebbe un errore mortale». 

Salvo Catalano

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