C’è pure un intervento chirurgico a cui avrebbe dovuto essere sottoposto il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Matteo Tutino. Il primario del reparto di Chirurgia maxillo-facciale dell’ospedale Villa Sofia di Palermo è finito ai domiciliari con l’accusa di truffa, peculato, abuso d’ufficio e falso. Secondo l’accusa il professionista avrebbe effettuato decine di interventi di chirurgia plastica in ospedale, una struttura pubblica in cui non potevano essere eseguiti, e a carico del Servizio sanitario nazionale. L’escamotage trovato era semplice: gli interventi venivano spacciati per funzionali, operazioni necessarie a curare patologie. Adesso la direzione aziendale del nosocomio lo ha sospeso. Al suo posto ad interim arriva il direttore del dipartimento di Chirurgia,Giuseppe Termine, per «assicurare la continuità assistenziale» spiegano dall’ospedale.
Oltre a Tutino, sono indagati Damiano Mazzarese, dirigente del dipartimento di Anestesia e rianimazione dell’azienda ospedaliera, l’ex commissario dell’azienda sanitaria Giacomo Sampieri e il direttore sanitario Maria Concetta Martorana. Per Martorana e Mazzarese la Procura ha chiesto al gip la misura interdittiva della sospensione dagli incarichi. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Leonardo Agueci e dal pm Luca Battinieri.
L’intervento al governatore non fu eseguito. Almeno secondo quanto ha raccontato ai pm Antonio Iacono, medico di Villa Sofia e responsabile del Blocco operativo e del Trauma center dell’ospedale. Tra febbraio e marzo del 2013, «Tutino si impossessò arbitrariamente della stanza del facente funzione (dell’unità di Chirurgia plastica, ndr) Sajeva». Quest’ultimo venne rimosso dall’incarico, sempre secondo la ricostruzione del medico, e sostituito con Damiano Mazzarese. «Durante la reggenza di Mazzarese – racconta Iacono – cominciarono ad affiorare sospetti su taluni interventi effettuati dal dottore Tutino, presumibilmente di natura estetica». Tra gli interventi in calendario c’era proprio quello a cui avrebbe dovuto sottoporsi Crocetta.
«Anche il presidente Crocetta era stato inserito da Tutino per un intervento in ospedale – dice ancora Iacono -, ciò accadeva tra marzo e aprile dello scorso anno e si sarebbe dovuto effettuare di domenica». Nella cartella, secondo quanto riferisce il medico agli investigatori, si sarebbe dovuta inserire «la diagnosi di obesità allo scopo di fare apparire l’intervento come funzionale. La dottoressa Martorana (Maria Concetta, direttore sanitario, ndr) avrebbe dovuto poi avvalorare la diagnosi di obesità proposta da Tutino». Ma l’intervento fu stoppato. «Qualche giorno prima dell’esecuzione andai da Sampieri per segnalare la pericolosità della cosa e i problemi che ne sarebbero potuti scaturire. All’esito della mia segnalazione, l’intervento fu bloccato ma non so chi nello specifico si determinò per bloccarlo».
Nel marzo del 2013 fu convocata una conferenza di servizi finalizzata a capire se gli interventi di chirurgia fatti da Tutino potessero essere eseguiti dentro una struttura ospedaliera pubblica. In particolare, l’attenzione fu focalizzata su liposuzioni e rinoplastiche. Dopo qualche giorno, a fronte dell’ennesimo intervento di liposuzione svolto dal primario, i sanitari presenti in sala operatoria chiesero se fossero arrivati i chiarimenti, ma il medico avrebbe risposto che non era più necessario un ordine di servizio e che quel tipo di operazioni si potevano fare in ospedale.
«Matteo Tutino – scrive il gip nell’ordinanza – deve ritenersi un soggetto con una spiccata capacità di incidere sulla genuità delle prove e con una spiccatissima capacità a delinquere, le quali non possono dirsi elise e neppure attenuate dal tempo trascorso dai fatti per cui si procede». Sta tutta in queste poche righe per il giudice per le indagini preliminari la motivazione dell’applicazione degli arresti domiciliari al primario, oggi sospeso dall’azienda. «Le misure meno afflittive – conclude – non potrebbero impedire a Matteo Tutino di agire per incidere negativamente sull’impianto probatorio già raccolto, né sarebbero atte a neutralizzarne il pericolo di reiterazione».
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