Terremoti, scioperano i precari dell’Ingv Da gennaio sorveglianza dell’Etna a rischio

Sorvegliano l’Etna e la Sicilia Orientale, 24 ore su 24. In attesa di un minimo tremore, di un risveglio del vulcano. Ma dall’1 gennaio molte di queste sentinelle rimarranno a casa. Sono i precari dell’Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania, 37 su una squadra che conta 100 tecnici specializzati. Quasi il 40 per cento del totale, trentenni e quarantenni che da quasi quindici anni vanno avanti con contratti a tempo determinato. Ma questa volta il rinnovo è stato bloccato.

Catania è una delle sedi principali dell’Ingv che dipende dal ministero dell’Università e della ricerca. Ma il problema coinvolge tutti i precari a livello nazionale (279 su un organico complessivo di 835 unità) che ieri hanno scioperato a Roma davanti al ministero della Funzione pubblica e che da tempo raccontano il loro malcontento sul blog precari@ingv. «La prima volta in Italia che un istituto di ricerca protesta contro i propri vertici», sottolinea Marco Neri, vulcanologo dell’Ingv di Catania. Lui non è tra quelli a rischio, ma non riesce ad immaginare come possa funzionare un sistema tanto delicato senza il contributo dei colleghi più giovani. «I precari lavorano nel cuore dell’istituto – spiega Neri – si occupano della sorveglianza sismica e vulcanologica, lavorano nella sala operativa elaborando i dati che arrivano dagli strumenti sul territorio e traducendoli in informazioni utili alla protezione civile, sono titolari di progetti europei grazie ai quali l’ente attinge a importanti finanziamenti, portano avanti la ricerca e l’innovazione tecnologica».

Se si rompe un sensore o una telecamera termica sono loro che corrono a ripararla. Quando si verifica un terremoto, si precipitano per installare nuove strutture sismiche più vicine all’epicentro ed avere dati sicuri. «Per il terremoto di L’Aquila – racconta Nino Mostaccio, precario all’Ingv di Catania – siamo partiti in otto, e la metà eravamo precari». E sono sempre i precari dell’Ingv, insieme agli uomini della protezione civile, ad effettuare i sopralluoghi post sisma per verificare l’agibilità degli edifici. «Sono indispensabili, non certo una zavorra come il personale di altri enti pubblici molto meno utili», aggiunge Neri.

Perché dunque in uno dei Paesi a più alto rischio sismico e con un’alta concentrazione di vulcani attivi, non si riesce a far lavorare con serenità e continuità queste risorse? Una soluzione in realtà era stata trovata nel luglio scorso tra l’amministrazione dell’Ingv e le sigle sindacali. Si trattava di un accordo decentrato per la proroga di quattro anni dei contratti che aveva ricevuto il beneplacito del ministero della Funzione Pubblica. «A settembre però il Cda guidato dal nuovo presidente Stefano Gresta ha sospeso l’accordo – spiega Piero Bonfanti, della Flc-Cgil – appellandosi al parere non vincolante del ministero in cui si dice che sarebbe meglio aspettare la sigla del contratto nazionale di categoria». Ecco dunque lo sciopero di ieri, per chiedere «un’indicazione chiara e inequivocabile da parte del ministero della Funzione pubblica», conclude Bonfanti.

Nel frattempo si va avanti con nuovi concorsi per contratti annuali, estendibili fino a cinque anni. Sono stati banditi 192 posti a livello nazionale per ricercatori, tecnologi, tecnici e amministrativi. Per molti sarà l’ennesimo concorso per allungare la propria condizione di precarietà. «Molti si sono stancati e sono andati in altri enti all’estero – racconta  Mostaccio – Perché oltre ad essere professionisti altamente specializzati, siamo anche padri e madri, mariti e mogli e così non riusciamo a costruire il nostro futuro. Lo Stato ha speso molto per la nostra formazione, ma il rischio è che siano altri Paesi a sfruttare queste potenzialità».

 

[Foto di Precari@Ingv]

Salvo Catalano

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