Dario Marcolin, l’allenatore del Catania, ieri si giocava la panchina. E l’avrebbe salvata – così almeno si diceva – solo in caso di vittoria sull’Avellino. Il risultato dice che Marcolin mangerà l’uovo di Pasqua. Anche se, tra tutte le sue scelte tecniche, quella che ha determinato questa vittoria è l’unica che non possa definirsi una scelta. Ossia la decisione obbligata di mettere in porta Pietro Terracciano al posto di Jean-François Gillet, che non poteva giocare perché impegnato con la nazionale belga.
La buona notizia è che Terracciano è riuscito a non prendere gol, sfruttando ogni centimetro quadrato del proprio corpo per impedire al pallone di finire in porta. Dopo un quarto d’ora di gioco, ha usato il piede destro per respingere un tiro da due passi di Arini, indirizzato verso la rete mentre il nostro portiere stava già cadendo a terra, a rischio di rimaner spiazzato. All’inizio della ripresa ha messo le mani aperte su un diagonale dalla destra di Schiavon e poi, ancora da terra, ha schiaffeggiato lontano dalla porta un pallone colpito di testa da Regoli, che davanti a sé aveva la porta spalancata. All’undicesimo ha usato busto e gambe per chiudere in uscita lo specchio della porta a Bittante, che stava infilandosi tutto solo sulla stessa fascia con l’evidente intenzione di far gol. Al ventinovesimo, lui solo sa come, è riuscito a portarsi precipitosamente sul palo più lontano, dove l’attaccante dell’Avellino Soumarè stava per tirare al volo, e a mettersi di traverso (lui, o forse Capuano, o forse direttamente il dio del calcio: allo stadio non s’è visto bene) su un pallone che tutti vedevano già in fondo alla rete. E infine, a cinque minuti dal novantesimo, ha messo le sue mani di acrobata ad allontanare un colpo di testa ravvicinato di Castaldo.
Pietro Terracciano è sempre stato, tra i portieri del Catania, quello su cui meno si era fatto affidamento. Forse a torto, da quel che s’è visto. Quest’anno ha giocato pochissimo, anche perché ha avuto la sfortuna di rompersi una mano alla prima di campionato e di restare fuori squadra per tutto il girone d’andata. E poi – dopo la cessione di Frison, che francamente non è mai sembrato superiore a lui – si è trovato davanti un collega illustre come Gillet. Zitto zitto, Terracciano ci ha regalato forse la più bella partita giocata da un portiere del Catania dai tempi di Bizzarri. Dando anche – da ex portiere dell’Avellino – la sua interpretazione di quello che per gli altri giocatori è il gol dell’ex. Ne ha fatte quattro o cinque, Terracciano, di parate che valgono un gol. E questa è una buona notizia. Ma anche una notizia cattiva.
Perché ovviamente le speranze di salvezza del Catania non possono affidarsi solo a un portiere capace di tanto in tanto di fare gli straordinari. E dovrebbero passare per una ordinaria amministrazione meno prevedibile, meno confusa, meno spaventata di quella di cui è capace il Catania di Marcolin. Che ha battuto l’Avellino, oltre che per le parate di Terracciano, per un rigore segnato da Calaiò. Senza il quale rigore, a esser sinceri, riesce difficile immaginare come sarebbe riuscito a fare gol.
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